La data cruciale è arrivata, i cittadini del Kuwait si recheranno oggi alle urne per eleggere la nuova Assemblea Nazionale del paese. Le ultime elezioni legislative, tenutesi nel 2016, portarono ad un grande successo dell’opposizione che riuscì a conquistare quasi la metà dei seggi parlamentari (24 su 50). In quell’occasione si registrò un’affluenza di circa il 70%, ma solo venti deputati furono riconfermati: un chiaro messaggio di sfiducia verso il parlamento uscente. Le accuse di corruzione, la mancanza di trasparenza e le controverse misure di austerità introdotte dal governo per compensare il calo di rendita del petrolio, elemento base dell’economia del paese, premiarono infatti l’opposizione.
I deputati contrari alle politiche del governo che riuscirono a conquistarsi un seggio in parlamento provenivano in buona parte da formazioni politiche islamiche, che avevano boicottato le precedenti elezioni. Sia l’Islamic Constitutional Movement, costola locale della Fratellanza Musulmana, che gli Islamisti Salafiti ottennero quattro seggi, mentre i parlamentari sciiti sei seggi. Ma tra le file dell’opposizione furono eletti anche deputati liberali, nazionalisti ed altri indipendenti. Nonostante la fragile maggioranza ottenuta alle elezioni, la tenuta del governo è stata comunque garantita: questo è infatti formato da 15 ministri non eletti, nominati dal Primo Ministro, che siedono anche in parlamento.
Il Kuwait è una monarchia costituzionale. Capo dello stato è l’Emiro, che eredita la carica in quanto membro della dinastia regnante Al-Sabah. Egli nomina il Primo Ministro, il quale a sua volta sceglie i membri del governo. Come contrappeso al potere dell’Emiro e del governo vi è un parlamento: l’Assemblea Nazionale. Rispetto agli altri parlamenti dei paesi del Golfo questa istituzione è influente e detiene alcuni importanti poteri, come la possibilità di respingere ed approvare leggi e di sfiduciare i funzionari di governo. Poteri che non rendono comunque il Kuwait un paese democratico a tutti gli effetti.
Il calo del petrolio e la crisi finanziaria
Le elezioni nel piccolo stato del Golfo giungono nel pieno del periodo di emergenza legato alla pandemia da coronavirus, che ha fatto crollare il prezzo del petrolio e di conseguenza le entrate del paese. Il sistema economico kuwaitiano si appoggia infatti quasi esclusivamente sulle rendite petrolifere, grazie alle quali il governo è in grado di garantire salari, sussidi sociali e benefici ai cittadini. La mancanza di liquidità causata dalla pandemia ha portato a settembre al primo declassamento della storia del paese da parte dell’agenzia di rating Moody’s (da Aa2 ad A1).
Per questo motivo un tema sicuramente cruciale di queste elezioni è il disegno di legge sul debito pubblico, che necessita però l’approvazione del parlamento. La ratifica della legge darebbe la possibilità al paese di ottenere prestiti per diversi miliardi e trovare nuova liquidità. È stata però finora fortemente ostacolata dall’Assemblea Nazionale a causa della sua impopolarità, dal momento che porterebbe all’introduzione di nuove tasse.
L’esito della legge di bilancio rappresenta dunque una sfida importante per il nuovo Emiro Nawaf Al Ahmad Al Sabah, in carica da settembre. Sono infatti le prime elezioni legislative dalla morte del precedente Emiro Sabah Al Ahmad Al Sabah, che ha detenuto il potere per quattordici anni e a cui ha poi succeduto il fratello.
Le accuse di corruzione
La crisi dovuta al calo del prezzo petrolio, iniziata ancor prima dello scoppio della pandemia, ha portato a numerosi scontri tra governo e parlamento, che è stato sciolto in più occasioni dall’Emiro. Ma quello dell’economia non è l’unico tema presente nel dibattito politico della petrolmonarchia. Le accuse di corruzione mosse al governo in seguito ad alcuni scandali emersi, e il cambio del sistema elettorale, hanno suscitato aspre critiche da parte della popolazione.
Nel 2012 il defunto emiro Sabah Al Ahmad Al Sabah aveva modificato la legge elettorale, che dava la possibilità ai cittadini di esprimere quattro preferenze. Il nuovo sistema prevede invece la scelta di un unico candidato ed ha scatenato le proteste dei cittadini. L’accusa che l’opposizione muove al governo è quella di voler ridurre la possibilità di creare coalizioni all’interno del parlamento. Questo sistema elettorale potrebbe inoltre facilitare la compravendita dei voti e quindi la corruzione.
I “partiti” di riferimento e i candidati
In Kuwait i partiti politici ufficialmente sono vietati dalla legge, ma di fatto esistono. I deputati candidati si presentano come indipendenti, ma molti di essi rispondono ad organizzazioni politiche e tribù locali. Una volta eletti, vanno poi a formare blocchi parlamentari.
I principali partiti e candidati che si contenderanno i seggi parlamentari sono:
- National Democratic Alliance: partito di ispirazione liberale e nazionalista. Sostiene, non ufficialmente, il candidato Hamad Al-Ansari e altri parlamentari uscenti, tra cui Omar Al-Tabtabai, che in un’intervista ha chiesto di porre fine alla tradizione di scegliere il Primo Ministro tra i membri della famiglia reale e di nominarne invece uno più comune;
- Islamic Constitutional Movement (conosciuto anche come HADAS): partito islamista sunnita, è la costola locale dei Fratelli Musulmani. Schiera i deputati uscenti Osama Al-Shaheen, Hamad Al-Matar e Abdullah Fahhad, il quale in campagna elettorale ha spinto per una maggiore indipendenza del sistema giudiziario. Il partito supporta anche il nuovo candidato Abdulaziz Al-Saqabi, oltre ad altri parlamentari uscenti,e dovrebbe conquistare circa cinque seggi;
- Islamic Salafi Alliance: partito islamista sunnita che schiera due nuovi candidati, Fahad Al-Masaud e Yahya Al-Obeid, oltre agli ex parlamentari Ahmad Al-Azemi e Humoud Al-Hamdan; sostiene anche il vicepresidente dell’Assemblea Nazionale Issa Al-Kandari. Si prevede che mantenga due seggi;
- Islamic Ummah Principles Group: formazione di islamisti radicali che chiedono l’attuazione della legge islamica della Sharia. Nella legislatura uscente occupava quattro seggi. Schiera tre candidati: gli ex deputati Osama Al-Munawer e Bader Al-Dahoum, e il deputato uscente Mohammad Hayef. Le previsioni indicano la conquista di circa quattro seggi;
- National Islamic Alliance: gruppo politico di sciiti radicali. Sono candidati il deputato e leader del partito Adnan Abdulsamad, Khalil Abul e Hussein Shams. Occupa due seggi in parlamento ed è previsto che li mantenga;
Altri partiti nel paese sono il Kuwaiti Progressive Movement, movimento politico socialista, il Kuwaiti Democratic Forum, gruppo politico nazionalista, il Popular Action Movement e il Popular Action Bloc, entrambi blocchi politici populisti, laYouth Association of Kuwait, organizzazione giovanile nazionalista e il Justice and Peace Alliance, partito islamista di sciiti moderati.
Alcuni gruppi politici e candidati indipendenti continuano a boicottare le elezioni per protestare contro la corruzione ed il cambio di legge elettorale del governo. Altri invece hanno deciso di prendere parte nuovamente alle elezioni.
Il sistema elettorale
Come già scritto in precedenza, le elezioni legislative in Kuwait prevedono l’assegnazione diretta di 50 seggi, eletti in 5 collegi elettorali. Ogni elettore vota un candidato tra quelli del proprio collegio. I dieci più votati in ciascun collegio ottengono un seggio in parlamento. Il sistema elettorale prevede un voto unico e i candidati sono eletti a maggioranza semplice. Il Primo Ministro, nominato dall’Emiro e solitamente membro della famiglia regnante, nomina a sua volta il governo composto da 15 ministri. Oltre ai candidati eletti, entrano a far parte dell’Assemblea Nazionale anche i ministri nominati.
I requisiti per votare sono piuttosto rigidi in Kuwait. Dei circa 4,4 milioni di abitanti, solo il 30% ha effettivamente la cittadinanza. Gran parte della popolazione del paese è infatti formata da immigrati giunti in cerca di lavoro, che non hanno però molti diritti. Possono votare tutti i cittadini kuwaitiani che abbiano raggiunto i 21 anni di età. Le donne possono votare dal 2005. Gli elettori effettivi registrati quest’anno sono 567.694.
I candidati che si contenderanno i 50 seggi dell’Assemblea Nazionale in questa occasione sono 395 (nel 2016 erano 440), anche se non si esclude qualche ritiro all’ultimo minuto. Si registra un numero record di candidate donne, 33, a fronte delle 15 del 2016, che portarono all’elezione di un’unica deputata, Safa Al Hashem.
L’alto numero di volti nuovi e giovani tra i candidati all’Assemblea Nazionale potrebbe spingere molti kuwaitiani a recarsi alle urne, incoraggiati anche dai segnali distensivi dell’Emiro Nawaf Al Ahmad Al Sabah nei confronti dell’opposizione. Diversi indicatori mostrano che potrebbe dunque ripetersi l’elevata affluenza della scorsa tornata (al 70%). Se tali circostanze rendono l’esito del voto difficile da pronosticare, ne assegnano però ancora più importanza sia circa la situazione interna, sia nei rapporti con gli altri paesi del Golfo.
I candidati all’opposizione si auspicano che la recente nomina del nuovo sovrano e le attuali elezioni possano segnare l’inizio di una nuova fase di dialogo tra governo e parlamento, e di contrasto alla corruzione. Dialogo fondamentale per ritrovare quella stabilità politica ed economica che in Kuwait manca ormai da tempo.