A distanza di oltre cinquant’anni dall’inizio delle politiche ostili degli Stati Uniti nei confronti di Cuba, la maggioranza dei cittadini statunitensi è a favore della normalizzazione dei rapporti fra i due Stati. Secondo i risultati di un sondaggio dell’Atlantic Council, noto think tank con sede a Washington, circa il 56% della popolazione statunitense ha mutato l’atteggiamento nei riguardi di Cuba.
In particolare il 63% dei residenti in Florida, che ospita numerosi profughi giunti dall’isola cubana, si aspetta un futuro miglioramento delle relazioni fra i due Paesi. Il sondaggio ha rilevato che il costo economico per gli Stati Uniti di mantenere l’embargo commerciale con Cuba sia una delle principali motivazioni che giustifica l’esito dell’indagine: infatti, oltre il 60% delle persone intervistate vuole un cambiamento della politica degli Stati Uniti affinché le aziende nazionali possano fare affari a Cuba, mentre i turisti statunitensi possano recarsi lì liberamente.
Sebbene l’amministrazione di Barack Obama abbia modificato alcune restrizioni riguardo ai viaggi e all’invio di denaro a Cuba, la maggior parte dei tipi di commercio e di investimenti sono vietati. A tal proposito, il 52% è favorevole alla rimozione di Cuba dalla lista dei Paesi sostenitori del terrorismo, poiché la sua designazione limita automaticamente i rapporti commerciali e altre interazioni possibili con Cuba.
Nel frattempo, alcuni giorni fa l’Unione Europea ha deciso di avviare i negoziati con Cuba al fine di incrementare gli investimenti e il commercio. Si prospetta, quindi, una nuova fase nelle relazioni tra l’Unione Europea e il governo cubano, iniziata da lunedì con l’approvazione del Consiglio Affari esteri alla nuova fase di trattative con il governo dell’Avana.
Quindi, ci s’interroga quando il governo degli Stati Uniti muterà il proprio atteggiamento nei riguardi di Cuba, abbandonando rinunciando ad applicare l’embargo. D’altronde, i risultati del sondaggio hanno dimostrato che la popolazione statunitense metta ormai in discussione tale politica, considerata inutile e fallimentare dall’intera comunità internazionale.