La vittoria di Newt Gingrich alle elezioni primarie della Carolina del Sud per la selezione del candidato repubblicano alla Presidenza degli Stati Uniti avrebbe rappresentato anche solo due settimane fa una profonda sorpresa. Le voci su un suo recupero si erano fatte via via più insistenti negli ultimi giorni precedenti la consultazione, ma ciò nonostante la portata dell’affermazione dell’ ex-speaker della Camera dei Rappresentanti statunitense è andata, a voti contati, oltre ogni più ottimistica aspettativa dello stesso entourage del candidato. I circa 13 punti percentuali di differenza tra Gingrich e l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, da tutti ritenuto il grande favorito fino a pochi giorni prima della consultazione, la dicono lunga su almeno tre aspetti della campagna repubblicana su cui è bene riflettere:
[ad]- il peso reale del voto religioso degli evangelici e dei cristiani rinati, da molti considerato decisivo in uno Stato come la Carolina del Sud;
– l’effettiva capacità di Romney di essere percepito come un candidato credibile a livello nazionale, soprattutto dal punto di vista delle sue proposte in campo economico;
– l’affidabilità dei sondaggi pubblicati sulle elezioni primarie.
Si era detto e ripetuto, come è di fatto incontestabile, che buona parte (c’è chi dice fino a due terzi) degli elettori delle primarie repubblicane in Carolina del Sud fosse rappresentata da evangelici praticanti o da cristiani rinati (il gruppo religioso di riferimento di George W. Bush) e che il loro voto avrebbe di conseguenza deciso le sorti della competizione in questo Stato meridionale. Le analisi condotte a caldo all’uscita dai seggi elettorali dimostrano però che le questioni religiose, seppur importanti, hanno giocato un ruolo ben inferiore rispetto alla rilevanza assunta dalle strategie economiche dei candidati. Le preoccupazioni dettate dall’economia reale sono state infatti in cima alla lista dei criteri per la selezione dei candidati utilizzati dagli elettori della Carolina del Sud, uno stato profondamente colpito dalla disoccupazione negli ultimi anni. Meno peso hanno invece esercitato le credenziali di aderenza ai principi cristiani che i canditati hanno potuto mettere in campo. Rick Santorum, vincitore del caucus dell’Iowa e di gran lunga il candidato in possesso del profilo più impeccabile dal punto di vista religioso, ha raccolto in Carolina del Sud un magro 17%, piazzandosi terzo. A trionfare, invece, è stato proprio quel Gingrich che negli ultimi giorni era stato messo alla berlina dalla stampa nazionale per i suoi trascorsi matrimoniali travagliati (è al suo quarto matrimonio ed è accusato da una sua ex-moglie di averle proposto una relazione “aperta”, che di fatto legittimasse le sue scappatelle). Se tutto ciò non ha impedito comunque a Gingrich di affermarsi sonoramente come ha fatto in uno Stato come la Corolina del Sud, sarebbe probabilmente il caso di ridimensionare il ruolo che vari analisti attribuiscono alla componente religiosa nell’orientare il giudizio degli elettori. Converrebbe invece riconsegnare alle questioni economiche tutta la rilevanza di cui sembrano godere in questa sfida interna al partito repubblicano. Un ribilanciamento delle variabili di lettura della competizione potrebbe infatti tornare molto utile già a partire dal prossimo appuntamento: le primarie che si svolgeranno tra pochi giorni in Florida, altro stato meridionale che però vanta una tradizione decisamente più laica rispetto alla Carolina del Sud.
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[ad]Altro fattore su cui bisogna riflettere, come di sicuro starà facendo il diretto interessato, è la reale capacità di Mitt Romney di convincere l’elettorato conservatore, specialmente nel Sud degli Stati Uniti, della sua credibilità come candidato vincente a livello nazionale nello scontro che lo opporrebbe al Presidente Obama in novembre. Fino a questo punto, questa sua credibilità era stata una dei punti di forza del messaggio di Romney e i risultati di Iowa e New Hampshire avevano gonfiato le vele di una campagna che sembrava non poter conoscere rivali. La reazione degli elettori della Carolina del Sud alla sua provenienza dall’elite economica del laico e progressista nord-est del Paese, aggravata probabilmente da una fede mormona guardata con sospetto e dalla reiterata volontà di non pubblicare la propria dichiarazione dei redditi, ha giocato un brutto scherzo alla gioiosa macchina da guerra di Romney. Il candidato è apparso chiaramente scosso dai risultati della Carolina, che sicuramente non prevedeva così amari. Le sue ricette economiche e le sue credenziali di uomo d’affari di successo non hanno convinto gli elettori del Sud, che pure dichiarano, come visto, di ritenere le questioni economiche le più importanti nel determinare le proprie preferenze. Tutto ciò impone a Romney una seria messa in discussione della sua strategia e a quanto pare le sue prime mosse all’indomani della sconfitta in Carolina del Sud vanno, almeno in superficie, in questa direzione. L’ex governatore del Massachusetts, a differenza di quanto dichiarato fino ad ora, ha infatti reso pubbliche tutte le informazioni sul suo reddito e i suoi versamenti al fisco americano. Una mossa che probabilmente intende frenare l’effetto domino a vantaggio di Gingrich che dalla Carolina del Sud potrebbe riversarsi verso la Florida, prossima tappa della sfida. In Florida, Romney sembra ancora godere di un qualche vantaggio, ma l’evoluzione disastrosa dell’ultima settimana di campagna in Carolina del Sud dovrebbe insegnargli che dilapidare anche un consistente vantaggio non è poi così difficile, soprattutto in una competizione come le primarie, in cui l’elettorato è particolarmente fluido.
Infine, una riflessione si impone sul ruolo di uno strumento come i sondaggi nel corso di questa come di precedenti competizioni interne ai partiti americani. Chiunque abbia seguito la storia anche solo di questi ultimi mesi di campagna avrà visto succedersi una pletora di candidati sulla virtuale poltrona di favorito alla nomination presidenziale. Da quest’estate in poi i media americani ci hanno raccontato delle mirabolanti ascese nei sondaggi di Herman Cain, Michelle Bachman, Rick Perry e altri, tutte rivelatesi sontuose bolle di sapone esplose fragorosamente al primo ostacolo incontrato dal favorito di turno. Allo stesso modo, gli istituti di ricerca che monitorano il consenso elettorale ci hanno raccontato fino a una settimana prima delle elezioni che Romney sarebbe stato praticamente imbattibile in Carolina del Sud. E i risultati reali di sabato sera commentano da soli quelle previsioni. A questo punto è bene chiedersi quanta credibilità è possibile attribuire a queste analisi, soprattutto nel contesto delle primarie, in cui fino all’ultimo minuto non è facile capire quanta gente andrà a votare nè la loro identità e in presenza di vaste porzioni di elettorato che effettivamente decidono per chi votare nelle ultime ventiquattro ore. Di conseguenza, sebbene Mitt Romney sia ancora il candidato favorito in Florida, è bene che non si faccia cogliere impreparato da quelle che potrebbero essere nuove e forse ancora più disastrose sorprese.