Il Belgio è il primo paese al mondo a legalizzare l’eutanasia anche per i minorenni. I deputati del regno nordeuropeo, giovedì 13 febbraio, hanno infatti approvato un testo legislativo che autorizza la “dolce morte” anche per bambini e adolescenti, senza restrizioni legate all’età, in caso di malattia terminale e sofferenza fisica insopportabile. Sul provvedimento si sono espressi favorevolmente 86 parlamentari, a fronte di 44 voti contrari e 12 astensioni. I minori affetti da patologia incurabile potranno dunque chiedere ricorso alla pratica dell’eutanasia, fermo restando il parere favorevole dei genitori ma soprattutto quello di un’équipe medica guidata da uno psicologo o psichiatra infantile, chiamata a stabilire l’effettiva capacità del soggetto nel valutare le conseguenze della sua decisione.
La legge, alla quale era stato dato un primo via libera dal Senato lo scorso dicembre, attende ora solo la promulgazione tramite firma di Re Filippo. Il Belgio si era già dotato di una normativa sull’eutanasia legale già nel maggio 2002, riservata fino ad ora solo ai cittadini maggiorenni. Bruxelles, in tal modo, non solo si allinea alla legislazione dei “cugini” d’Olanda, ma adotta addirittura delle disposizioni più “audaci”: nei Paesi Bassi, infatti, esiste tuttora un limite anagrafico al ricorso all’eutanasia, fissato al compimento dei 12 anni. In Europa, ad eccezione di Belgio e Olanda, la legalizzazione dell’eutanasia è realtà solo in Lussemburgo, mentre in Svezia e Svizzera è autorizzata la pratica del “suicidio assistito” all’interno di strutture mediche. L’ipotesi di una apertura alla dolce morte è altresì al vaglio del Presidente François Hollande e della maggioranza socialista in Francia, anche se la forte opposizione cattolico-conservatrice attualmente in auge nell’Esagono (su matrimoni gay e gender theory nelle scuole) non lascia presagire sviluppi nel medio periodo.
Curiosamente, il via libera della Camera belga sul fine vita è arrivato quasi in contemporanea con la notizia della morte di Els Borst, 81enne ex ministro della sanità olandese, ma soprattutto “madre” della prima forma di legalizzazione dell’eutanasia a livello mondiale nel 2002. Gli investigatori, che hanno immediatamente parlato di omicidio ai suoi danni, non hanno escluso la pista del gesto folle di un fanatico nello stabilire i motivi del suo assassinio. Malgrado l’ampia maggioranza con cui è stata votata la legge, anche in Belgio si contano numerose organizzazioni protagoniste di una vera e propria levata di scudi contro l’estensione delle norme sul fine vita ai minori. Oltre ai Cristiano-Democratici (sia di sponda fiamminga che vallona) in parlamento, si sono scagliati sul provvedimento associazioni religiose e collettivi a-confessionali come “Dossards Jaunes”, che avevano vanamente chiesto di procrastinare il voto alla prossima legislatura.
Opinioni negative sulla baby-eutanasia sono giunte anche da una parte del mondo della medicina, anche se minoritaria. Il 10% della professione pediatrica belga (corrispondente a poco meno di 200 medici dell’infanzia) ha messo in dubbio la stessa applicabilità della legge a casi concreti, asserendo che l’entrata in vigore di una simile legge non risponde affatto ad una domanda esistente nel paese. Un argomento, tuttavia, che è stato usato dagli stessi fautori della normativa, tra cui il firmatario Philippe Mahoux (Partito Socialista) in testa, che hanno “rassicurato” oppositori e scettici stimando la possibile quota di richiedenti eutanasia tra minori e adolescenti in pochissime unità. A fronte di circa 1500 casi segnalati mediamente ogni anno tra gli adulti, dunque, per i promotori dell’eutanasia legale non c’è alcun rischio “routinizzazione” della morte.
Niccolò Inches