A pochi giorni, se non poche ore, dal conferimento dell’incarico di Governo a Matteo Renzi da parte del Presidente della Repubblica, il Centro Studi di Confindustria ha pubblicato quest’oggi un’ampia analisi sul tema dell’insostenibile peso della spesa pubblica in Italia. Lo studio si focalizza principalmente sui costi della politica e sul nodo burocrazia e afferma che la riduzione di solo un punto percentuale dell’inefficienza della amministrazione pubblica porterebbe il PIL a crescere dello 0,9% e l’occupazione dello 0,2.
La stima più notevole è quella che il Centro Studi fa sul costo della Camera dei Deputati: 1 miliardo di euro di tagli sono possibili. Sarà un caso, ma un taglio della stessa quantità era stato annunciato a dicembre dall’allora Candidato Segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi.
“I parlamentari italiani -recita il testo dello studio- i più pagati d’Europa, in base al rapporto tra indennità percepita e Pil pro capite. Ciò fa pensare che si è portati a fare politica più per la carriera che per il bene comune”. Nel 2012, secondo Confindustria, lo stipendio di un singolo deputato italiano era pari a 4,7 volte il PIL pro capite, mentre nel Regno Unito era di solo 1,8. Se all’indennità, poi, si aggiungono i rimborsi elettorali, le spese di trasporto, i contributi ai gruppi parlamentari e altre spese, alcune senza obbligo di documentazione, la cifra aumenta considerevolmente, portato il deputato italiano a costare ancora di più e a far lievitare il rapporto fino a 9,8 volte, mentre un collega britannico si ferma a 6,6 volte. Insomma, gli onorevoli e i senatori, sono, testuali parole “strapagati”.
La soluzione sarebbe quella di ridurre il numero dei parlamentari del 30%, abolire i contributi ai gruppi, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto, eliminare la diaria o sostituirla con un tetto massimo di spesa, abolendo anche, però, le pensioni dei parlamentari. Così facendo si arriverebbe facilmente a tagliare 1 miliardo nella sola Camera dei Deputati.
Il Centro Studi prosegue sostenendo che i tagli ai costi della politica non devono fermarsi alle sole due Camere ma devono interessare le altre istituzioni elettive- escluse le Province, perché Confindustria le dà già per abolite. Ancora, è necessario intervenire sulle 7700 società partecipate, che costano, in termini di ripianamento delle perdite, 22 miliardi l’anno.
Non solo taglio ai costi della casta, però, ma anche un intervento massiccio sulla burocrazia, una zavorra che, riporta lo studio, “influenza ogni ambito della vita sociale ed economica del Paese, ostacolandone la crescita e creando un enorme svantaggio competitivo”. La parola d’ordine, secondo il CsC, è dunque semplificazione. La stessa ripetutamente invocata da Matteo Renzi: ce la farà, Renzi, a tradurla in realtà?
Annalisa Boccalon