Quando la poltrona di Enrico Letta ha iniziato seriamente a traballare – il 12 febbraio, il giorno prima che presentasse il suo “Impegno Italia”, due giorni prima del voto della direzione Pd – qualcuno aveva suggerito a Chiara Geloni di scrivere il seguito del libro dato alle stampe solo pochi mesi fa con Stefano Di Traglia, sul periodo convulso che raccontava il naufragio dell’idea di governo Bersani e l’impallinamento di Prodi sulla via del Quirinale.
E se quel volume si chiamava Giorni bugiardi, su Facebook si suggeriva di bissare con Giorni beffardi, raccontando l’affondo di Matteo Renzi verso Palazzo Chigi. La Geloni, ex direttrice di YouDem e accusata di vicinanza incondizionata a Bersani, in privato ha fatto un passo indietro (“Non tocca a me scriverlo, quel libro…”); due giorni dopo, sul suo blog dell’Huffington Post ne ha avuto per tutti. Per le scelte di Renzi e per la minoranza Pd che in direzione ha votato a favore del documento della segreteria. Aspettando le nuove mosse di Renzi, lei racconta il suo punto di vista, torna sulla campagna elettorale 2013 e garantisce che Bersani segue ogni vicenda e ha molte cose da dire (ma le dirà lui a tempo debito).
Geloni, su Facebook le avevano proposto di scrivere il seguito di Giorni bugiardi, lei si era schermita ma poi, all’indomani delle dimissioni di Letta, non ha risparmiato quasi nessuno. Per lei, dunque, i «giorni bugiardi» non sono finiti?
Sì, sono convinta che quella vicenda non è finita e lascia degli strascichi che continuano a condizionare la vita del nostro partito e la percezione che c’è all’esterno del Pd: ancora una volta, anche in una vicenda molto diversa [da quella post-elettorale del 2013, ndr], siamo apparsi come un partito inaffidabile e incapace di usare la propria forza in maniera collettiva e solidale. Scrivere il seguito, però, non spetta a me: in questa stagione ci sono altri protagonisti ed è giusto che il prossimo libro lo scriva qualcun altro, io, eventualmente, mi occuperò di raccontare altre storie.
Secondo lei il partito è solo apparso inaffidabile o è stato così?
Mah, certamente non ha dimostrato sufficiente maturità e lealtà per gestire un passaggio di fase politica, che ci può stare. I governi non sono eterni, nemmeno quello di Enrico Letta – che era nato in circostanze particolari – poteva essere considerato tale: ci sta che il segretario del maggiore partito italiano abbia l’ambizione di cambiare fase e prendere lui la guida. Il modo in cui questa operazione si è concretizzata è stato abbastanza imbarazzante per tutti, credo.
Nel suo intervento sull’HuffPost, in pratica, ha sostenuto che Renzi ha mentito a tutti …
Esatto. Lui si è candidato per fare il segretario, cosa che non farà: questo, tra l’altro, è un problema, perché in qualche modo questo partito dovrà essere guidato. Ha detto ai fiorentini che avrebbe fatto ancora il sindaco, cosa che non farà. Ha detto a Enrico Letta che avrebbero gestito insieme i prossimi mesi. Quindi sì, ha detto un sacco di bugie: non lo dico in senso moralistico, ma credo che i militanti, ma anche gli elettori e i simpatizzanti del Pd non siano abituati a una gestione come questa. Io ho visto segretari che hanno detto al loro popolo dove volevano portarlo e hanno fatto quello che avevano detto. Chi è stato percepito come un leader che non faceva questo ha pagato dei prezzi alti.
Fabrizio Barca, rispondendo al “finto Vendola” della Zanzara, sembra avere detto che non c’è un’idea precisa di dove andare.
Io credo che l’idea di dove andare Matteo Renzi ce l’abbia, e con grande determinazione ed energia dimostrate in questi giorni: non è che non sa dove andare, lui vuole Palazzo Chigi. Non sono sicura – e mi pare che il dubbio di Barca fosse questo – che abbia approfondito quanto era necessario, di fronte a un’assunzione di responsabilità del genere, cosa fare una volta arrivato lì, come risolvere i problemi, con quale squadra affrontarli. Ora, io sono abituata a considerare il totoministri come un gioco di società…
Livello di demenzialità del gioco?
Altissimi direi, quasi comici, sembra veramente la gag di Veltroni e della Turco che vogliono candidare Amedeo Nazzari… Detto questo, però, se fosse vera anche la metà delle voci che girano sulle proposte più disparate che sarebbero state fatte e sulla quantità di risposte contrarie (che qualcuno degli interessati inizia a riferire ufficialmente), non sarebbe un bel segnale per un governo che comincia mostrare di avere tutti questi problemi a individuare le persone, tanto più che è un governo politico. Poi viene il dubbio che non si trovino le persone perché ci sono problemi politici sulle cose: quando la politica è chiara, la persona si trova. C’è comunque qualche giorno di tempo, vediamo che succede.
Lei dice che Renzi vuole Palazzo Chigi: devo dedurre che, secondo questa costruzione, non ci sarebbe arrivato in un altro modo o con altri tempi?
Guardi, è una delle spiegazioni possibili: lo dico da osservatrice, non sono sicura che il motivo sia questo, ma certo questo cambiamento di tabella di marcia così improvviso potrebbe spiegarsi con un dubbio atroce che potrebbe avere investito Renzi. Il dubbio, cioè, che questo treno andasse preso subito perché rischiava di non ripassare. Intanto mi pare che la voglia di Renzi di fare il segretario del partito – dubbio che ho sempre avuto – fosse piuttosto bassa: in questi mesi in cui è stato segretario non ha affrontato nessuna questione di gestione del partito. Basta vedere come sono state gestite le primarie per i segretari regionali: è vero che la data è caduta in una settimana particolare, cosa che nessuno poteva prevedere, ma dov’era la campagna di comunicazione per quelle primarie? Perché nessuno sapeva che c’era? Perché non sono arrivate e-mail, sms? Non c’è stato alcuno sforzo organizzativo in questo senso, tanto che in qualche caso, come nel mio, non è arrivata neanche la comunicazione che c’era questa chiamata a votare. Il partito non è stato guidato in questi mesi: evidentemente gli interessi di Renzi erano altri. Magari, con Letta che restava a Palazzo Chigi un altro anno, o si logorava Letta o si logorava Renzi; poi magari i risultati elettorali potevano essere più complicati rispetto alle attese e allora tutta questa aspettativa di vittoria poteva non essere così fondata. Un motivo che spiega il cambio di passo improvviso, dunque, poteva essere il dubbio che fosse meglio battere il ferro finché era caldo.
Renzi avrebbe potuto temere di uscire perdente dal voto proprio a causa dell’Italicum?
Mah, intanto qui c’è un altro problema: forse fare il sindaco è un mestiere diverso, ma fare il leader politico richiede anche certi tempi per fare le cose. Ho visto che Renzi si è spazientito tantissimo quando l’iter dell’Italicum ha cominciato a subire dei rinvii, magari perché c’erano decreti in scadenza o perché c’erano problemi politici da affrontare. Forse chi fa il sindaco dovrebbe capire che a Roma le cose funzionano in un altro modo, non necessariamente perché la gente è pigra, lenta o incapace: ci sono tempi parlamentari che fanno sì che anche quelli bravi come Renzi abbiano bisogno di tempo per realizzare i loro progetti. Così, al primo tentativo di fare una cosa, ho visto che ci si spazientisce subito se si tarda di qualche giorno; questo però, secondo me, non significava che l’Italicum non si faceva più, ma che (come ogni legge importante) avrebbe richiesto un po’ di tempo per andare in porto. Dopodichè sì, c’è anche chi ha detto più autorevolmente di me che, se nessuna legge elettorale può garantire nessuno, questo Italicum forse non sarebbe così vantaggioso per la coalizione di centrosinistra come può essere sembrato in un primo momento.
In questi giorni ha avuto modo di sentire Pierluigi Bersani? A proposito, come sta? Segue le vicende di questo periodo?
Sono andata a trovarlo a casa sua a Piacenza la settimana scorsa. Sta molto meglio, penso che tra poco ne avremo notizie dirette. Sta seguendo tutto, non ha mai smesso perché per fortuna è stato in condizioni di farlo: ha cose da dire, ma naturalmente è giusto che le dica lui quando sarà il momento.
Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 lei è diventata uno dei bersagli di una parte del partito e di parte dei media: si è polemizzato sul suo ruolo, sulle sue posizioni, sul suo stipendio. C’è qualcosa che si poteva gestire diversamente o, anche col senno di poi, rifarebbe tutto?
Tutto si può sempre gestire meglio quando ci si ripensa. Nel salutare i ragazzi della redazione di YouDem, ho detto: «Tornassi indietro, alcune cose le farei meglio, ma le ho fatte come le ho sapute fare». Ecco, quando ci ripensi, magari ti rendi conto che hai imparato cose che ti consentirebbero di farle meglio, ma fa parte della vita…
A cosa pensa, ad esempio?
Tante cose si potevano fare meglio, per esempio la campagna elettorale poteva essere più efficace: probabilmente si doveva pensare di più, perché l’accelerazione della crisi del governo Monti alla fine del 2012 ha fatto sì che – forse – si affrontasse quella campagna elettorale troppo vicina a quella delle primarie. Accetto alcune delle critiche su quella campagna ma, come ho scritto con Stefano Di Traglia nel nostro libro, non penso che i risultati politici dipendano da una campagna elettorale. Quello che è successo nelle urne l’anno scorso è molto più complesso dell’efficacia che possono avere un manifesto o uno slogan elettorale. Tornando indietro, come ha detto anche Bersani, si poteva forse far cadere il governo Monti prima, evitando di logorarci così a lungo per sostenerlo; probabilmente è così, ma probabilmente questo avrebbe spaccato il Pd, visto che c’era un bel gruppo di montiani che voleva Mario Monti come candidato premier e al programma del Pd preferiva l’agenda Monti. Queste persone magari dopo sono state le prime a criticare Bersani, ma se lui avesse fatto quella mossa, probabilmente gli avrebbero senz’altro votato contro, mettendo a rischio l’unità del Pd. Bersani, da segretario, ha avuto il “difetto” di preoccuparsi sempre dell’unità del suo popolo e del suo partito: questo forse a volte ne ha anche limitato l’azione politica. È stata una scelta, uno stile politico, che però è il suo.
L’hanno dipinta come una vestale di Bersani, anche piuttosto antipatizzante: riconosce qualcosa di vero in quest’immagine?
Intanto io sono molto simpatica! (ride) Io penso di essere una persona che non insulta mai nessuno, che cerca sempre di mettere un po’ di ironia nelle sue critiche. Certamente non rinuncio alla mia libertà di pensiero e di giudizio sulle cose. Con Matteo Renzi ho un rapporto anche molto cordiale: se abbiamo una cosa da dirci, quando è possibile, ce la diciamo, ci conosciamo da tanti anni e non c’è nessun astio personale tra noi. Io penso di essere stata molto, molto più aggredita di quanto ho aggredito.
La qualità migliore di Renzi?
L’energia, il dinamismo.
E il difetto peggiore?
La fretta, l’improvvisazione.