Secondo il Financial Times sono poche le possibilità di lunga durata per il nascente esecutivo Renzi, specie considerando la durata media degli esecutivi in Italia, inferiore persino “alla durata media del mandato di un allenatore di calcio”. La promessa di grandi riforme – da quella elettorale a quelle del lavoro, della pubblica amministrazione e del sistema fiscale – non riduce le perplessità sull’effettiva capacità di riuscita dell’ambizioso progetto. D’altronde, per il principale giornale economico finanziario britannico, le condizioni di partenza non sembrano ottimali. Dalla scarsa legittimazione popolare – Renzi è il terzo Presidente del Consiglio consecutivo non eletto – alla composizione della maggioranza – che si prospetta non dissimile da quella del suo predecessore Letta, il quale, come Monti, non ha mantenuto le promesse di riforma ventilate.
Nonostante ciò, come sottolineato da James Mackintosh sulla colonna del Financial Times dedicata ai mercati azionari, negli ultimi due anni e mezzo i mercati hanno ridotto la pressione sull’Italia. In particolar modo, nonostante lo spread tra i titoli tedeschi e quelli italiani sia calato sia per quanto riguarda i titoli decennali che per quelli con rendimenti a 2 anni, sono proprio questi ultimi ad aver beneficiato maggiormente dell’allentamento della pressione dei mercati, raggiungendo i livelli di tre anni fa e distaccandosi parzialmente – negli ultimi 2 anni – dai rendimenti comunque al ribasso dei titoli decennali, invertendo la tendenza all’ andamento “a braccetto” che è stata un po’ il leit motiv delle due tipologie di titoli dal 1998 sino agli inizi del 2012, a parte brevi periodi intorno al 2009.
Tutto ciò – secondo Mackintosh – evidenzia che, più che la qualità del “capitano messo al timone della nave italiana a rischio affondamento”, sono eventi ed attori esterni allo Stivale a guidare i mercati, con esplicito riferimento a Bruxelles, Berlino ed alla BCE.
Analizzando gli indici MSCI che comparano il livello di investimenti medio europeo con quello italiano, Mackintosh evidenzia come quest’ultimo negli ultimi 2-3 anni sia sceso ai livelli della metà degli anni ’90. Pur evidenziando che “la stabilità politica può stimolare gli azionisti” – come certificato durante il periodo del Governo Craxi e del primo esecutivo Prodi, in cui il livello di investimenti italiani era addirittura leggermente superiore alla media europea – l’analista del Financial Times sottolinea che “la stabilità in sé non è tutto”, evidenziando il crollo del livello di investimenti italiani durante la prima parte della precedente legislatura – nonostante l’ampia maggioranza parlamentare a sostegno di Berlusconi – che si è mantenuto ad un livello molto più basso della media europea anche con i successivi governi Monti e Letta.
Secono Mackintosh, dunque, i mercati non hanno particolari aspettative rispetto all’insediamento di Renzi, vista anche la storia politica italiana. Ed è proprio questo il motivo per cui il leader del PD ha la possibilità di sorprendere in positivo i mercati stessi, attuando le grandi riforme promesse.