Ai 28 morti, caduti a Kiev nei primi giorni della settimana, si stanno rapidamente aggiungendo molte altre vittime, molti altri feriti, in uno scenario che ormai si può definire di “guerra civile”. A Piazza Maidan, se c’è stata una protesta pacifica negli scorsi mesi, di non-violento ormai non rimane più niente: in tutta la capitale si svolgono veri e propri combattimenti, si spara e molto da entrambe le parti, con cecchini anti-governativi che sparano sui poliziotti e tiratori scelti della Berkut che sparano sui manifestanti. I morti si contano a decine: dai 50 della mattinata di oggi (dati forniti all’ambasciata italiana) si sta passando rapidamente a 60-70 deceduti, i cadaveri restano a terra sul selciato di Maidan Nazalezhnosti e nel resto della capitale ucraina.
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Il Kyiv Post parla di 13 morti nella hall dell’Hotel Ukraina, 15 nell’Hotel Kozatski, 3 in viale Khreshatik, l’agenzia di stampa Interfax parla di 13 cadaveri ritrovati vicino a una fermata del bus. I feriti sarebbero più di 500 di cui 88 poliziotti, 4 stranieri e 6 giornalisti. Finita la tregua sottoscritta da Governo e opposizione nella serata di ieri, insomma, nel cuore dell’Ucraina (a Leopoli, Ivano Frakivsk e Ternopil) e non solo nella zona di Kiev, si sta svolgendo un bagno di sangue. Non sembra al momento esserci spazio per una trattativa, figuriamoci per una tregua: il Presidente Yanukovich non sembra voler cedere alle richieste dell’opposizione e alle violenze di piazza, spalleggiato dalla Russia di Putin che continua a parlare di “golpe in Ucraina”, sta mostrando il lato più duro delle istituzioni.
Eppure sembra che i funzionari ucraini “siano completamente nel panico”, per dirla con le parole di Radoslaw Siroski ministro degli esteri polacco, infatti, sono stati evacuati gli edifici governativi, Parlamento compreso: la maggiore paura è che, una resa dei conti dei manifestanti nei confronti della classe politica, si stia pericolosamente avvicinando.