Regionali in Sardegna, bufera sulla legge elettorale
Caos sulle elezioni regionali della Sardegna che hanno visto vincitore, domenica scorsa, il candidato del centrosinistra Francesco Pigliaru. A finire nella bufera è la nuova legge elettorale approvata lo scorso novembre nell’isola, rea di aver creato più di un problema in relazione al riparto dei seggi in consiglio regionale. Se, infatti, la vittoria di Pigliaru non è in discussione (in quanto elezione diretta), lo stesso non può dirsi per quanto riguarda la rappresentatività delle circoscrizioni territoriali nelle quali è divisa l’isola.
In sostanza il premio di maggioranza che spetta alle liste collegate a Pigliaru per aver superato il 40% (un totale del 60% dei seggi), le molte liste e l’alto numero di voti disgiunti (ovvero la possibilità di votare una lista e un presidente di altra coalizione) hanno mandato in tilt il complicatissimo calcolo dei seggi, comportando uno squilibrio della rappresentanza ai danni delle circoscrizioni più piccole.
Di conseguenza alcuni territori perderebbero dei seggi che spettavano loro per decreto: Olbia-Tempio prende due consiglieri regionali su cinque, il Medio Campidano due su quattro, l’Ogliastra uno su due. In compenso Sassari ne prende tre di più, Cagliari e Nuoro uno di più. Un cortocircuito interno che ha scatenato una scia di polemiche che non escludono un ricorso alla Corte Costituzionale per l’assenza del criterio di rappresentatività territoriale e per la stessa ragione la Consulta ha reso incostituzionale il Porcellum.
Oltre al complicato meccanismo dei seggi, fa storcere il naso anche la soglia troppo alta per eleggere i consiglieri regionali. Si pensi, ad esempio, a Michela Murgia, la quale, nonostante abbia ricevuto il 10,3% di preferenze, non ha eletto nessun rappresentante nel consiglio regionale, in quanto le liste a lei collegate non hanno raggiunto il 10% dei voti.