La mossa di Renzi. La (sua?) volta buona
Matteo Renzi può piacere o non piacere. Il suo stile politico, la sua comunicazione e la sua sfavillante ascesa politica lasciano molti entusiasti, molti altri critici, sospettosi o addirittura rancorosi nei suoi confronti.
Queste sue caratteristiche ne fanno un politico, ma prima ancora un personaggio pubblico, che difficilmente lascia indifferenti. Un po’ come il gorgonzola: lo si ama o lo si odia, senza vie di mezzo.
La sinistra “aristocratica” lo guarda con un’aria un po’ snob, schizzinosa. Forse perché Renzi, in qualche modo, riesce a “bucare lo schermo” e a parlare al popolo (o meglio, al pubblico). E il popolo (o meglio, il pubblico), alla sinistra “aristocratica”, da qualche tempo a questa parte, non piace più di tanto. Non è più il popolo di una volta, d’altronde. I “compagni dai campi e dalle officine” in Italia sono ormai meno di un decimo della popolazione.
La faccia tosta con cui Renzi ha architettato il trappolone di scalzare Letta e prenderne il posto, passando da #enricostaisereno a #lavoltabuona ha lasciato scandalizzati gli aficionados della politica e i militanti tradizionalmente intesi.
Ma il motivo per cui Renzi ha “accoltellato” (politicamente) Letta è evidente: è stata una (l’ennesima) risposta alla vera e propria guerra di logoramento che l’apparato del PD gli fa da sempre.
Dal giorno della sua vittoria alle primarie per la segreteria Renzi si è assunto l’onere delle responsabilità politiche del PD. Un onere non da poco. Da allora si è sforzato di prendere continuamente le distanze da ciò che (non) faceva il governo Letta, per non pagare in prima persona lo scotto dell’immobilismo di quell’esecutivo. Ha giocato sulla distinzione “io” – “loro”: “io sono diverso da loro”, “loro facciano le cose”, “io non sono interessato a rimpasti e a poltrone”. Il gioco ha funzionato per un po’. Ma con le elezioni europee e amministrative alle porte la sua figura rischiava parecchio.
Piuttosto che farsi cuocere a fuoco lento dal partito di cui è segretario (rischiando di non arrivarci nemmeno, alle prossime elezioni) Renzi ha deciso di rischiare in prima persona e di giocarsi autonomamente le sue carte. Da premier. Paradossalmente si può ipotizzare che l’ultimo ad essere entusiasta di questo risvolto è proprio lo stesso, ormai ex, sindaco di Firenze. Certo, Letta a parte.
Che il governo Renzi riesca laddove quello Letta ha fallito è tutto da vedere. Se il buongiorno si vede davvero dal mattino, l’ottimismo dell’ex-sindaco sembra poco fondato. Ma quantomeno sarà lui l’artefice del proprio destino politico. E, nostro malgrado, di quello degli italiani.
Andrea Scavo