Il Governo Renzi e la paura matta dei 101

governo renzi alla prova dei 101

La prima cosa che ha già fatto il governo Renzi è stata quella di “rottamare” la dizione “manuale Cencelli”.

Come in parte confermato dallo stesso Giorgio Napolitano ai microfoni subito dopo l’incontro con il neo presidente del Consiglio, fino all’ultimo Renzi ha dovuto smussare, rielaborare, riscrivere, correggere e contattare i 16 ministri.

Un paio di mesi fa potevano essere riviste delle somiglianze tra “CAF” e “RAL”, ma probabilmente il CAF è stato anche superato (ma lo si vedrà nelle nomine alle partecipate statali e ad altre scelte che ci saranno da fare, come in Rai etc etc ). Unica certezza del governo Renzi è quella di scrivere, per la terza volta negli ultimi 4 esecutivi, il nome di Angelino Alfano in una delle caselle da riempire: dal maggio 2008 – ad eccezione di una parentesi di circa 18 mesi – l’uomo “senza quid” riesce a rimanere posizionato in un dicastero.

Ma l’atto che probabilmente porterà al sorpasso del “bilancino Renzi” al “manuale Cencelli”, più dei ministeri da affidare agli alleati, è l’accurata spartizione correntizia all’interno delle sempre più variegate correnti del Partito Democratico. Le scelte di Padoan e Lanzetta rispecchiano una divisione calibrata che invece non si è verificata, ad esempio, a livello locale dopo le primarie democratiche dell’8 dicembre scorso.

Perchè questa scelta allora? Perché Renzi sa bene che nella folta schiera dei “101” dello scorso anno non ci sono solo i “passatisti” dalemiani o bersaniani, ma anche una nutrita componente renziana e/o neorenziana. Come sottolineato dallo stesso Berlusconi – uno esperto di maggioranze “last minute” (più o meno legalmente) – i numeri parlamentari non sono quelli delle riunioni di partito, soprattutto se si guarda allo “storico” del Pd. Ed allora ecco piazzato l’ex “vicedisastro” (correva l’anno 2009) al ministero del Turismo o l’impalpabile ma rapidissima (nel cambiar corrente) Madia alla PA (spero le abbiano spiegato che non si tratta della targa di Palermo…).

Personalmente credo che Renzi si appresti ad iniziare la sua “battaglia di Stalingrado”, andando in attacco e conoscendo poco e niente i “freddi” delle lunghe battaglie parlamentari, così come i tedeschi non s’immaginavano (oltre 70 anni fa) di dover restare per tutti quei mesi in Russia. Un “freddo” acuito dall’atavico errore dei leader italiani di circondarsi di fedeli e non di collaboratori. L’”armata” (tanto per proseguire la metafora bellica) renziana pare infatti basata sulla totale fedeltà psicofisica al “capo” e non su di una struttura realmente organizzata. Una fedeltà acuita da parte della stampa che più che fare da “cane da guardia” si limita a fare da groupies all’esecutivo.

inizia il governo renzi

Una tipologia di armata che è ottima nelle fasi di “battaglia” – perché i fedeli arrivano anche a morire per il proprio capo – ma che diventa difficile da tenere quando non si è sul campo, o nell’urna. Perché i 101 sono ancora tutti lì e Renzi lo sa benissimo.

Dario Cafiero