Il governo del cambiamento, certo. Non può essere altro, ormai. Scansato Letta per eccessivo immobilismo e (minimalismo) nelle riforme, Matteo Renzi ha proposto una squadra – che ha appena giurato nelle mani del Capo dello Stato – in netta controtendenza col passato: metà donne ed un’età media bassa come mai in passato.
La media dei membri dell’esecutivo Renzi è di 47,8 anni. E’ il governo più giovane di sempre. E non poteva che essere così con un leader come Renzi, il ‘rottamatore’. Anche se proprio tutti, nel suo governo, non li abbia rottamati ma riciclati. Andiamo per ordine: la composizione del nuovo esecutivo.
Il Presidente del Consiglio, altro record: mai così giovane, con i suoi 39 anni. All’Economia va un uomo forte, Pier Carlo Padoan, 64enne vice direttore dell’Ocse. Alfano, 44enne, è riconfermato al Viminale. Allo Sviluppo Economico entra Federica Guidi, coetanea di Alfano, imprenditrice della Ducati Energia. Andrea Orlando, classe 1969, passa dall’Ambiente alla Giustizia (di cui era responsabile nel Pd di Bersani). Dario Franceschini, ex segretario Pd, 56 anni, è il nuovo responsabile del Dicastero delle Attività Culturali. Stefania Giannini, 54 enne, è il nuovo capo del Miur.
La più giovane di tutti è Maria Elena Boschi, 33enne, nuovo Ministro dei Rapporti col Parlamento e delle Riforme (ruolo che ricopre già nella segreteria democratica di Renzi). Lorenzin e Lupi sono confermati rispettivamente alla Sanità ed alle Infrastrutture. Alla Farnesina avvicendamento tra Emma Bonino e Federica Mogherini (classe 1973), già responsabile esteri ed Europa nella segreteria dem.
Giuliano Poletti, 62enne presidente della Legacoop è andato al Ministero del Lavoro a posto di Giovannini. Roberta Pinotti, Pd, alla Difesa. Marianna Madia, coetanea della Boschi, alla Semplificazione e PA. Agli Affari regionali l’ex sindaco anti ‘ndrangheta Maria Carmela Lanzetta. Il 53enne Galletti all’Ambiente. Il nuovo Ministro delle Politiche Agricole è Maurizio Martina, 36enne dem.
La composizione dell’esecutivo (si parla di partiti politici che lo sostengono) è la stessa di quello Letta, con una sola differenza: Roberta Pinotti (Pd) ha preso il posto di Mario Mauro (che fa gli auguri alla neo Ministra: “le più sincere congratulazioni e gli auguri di buon lavoro. Sono sicuro che, con la sua esperienza, saprà dare un contributo di alto profilo al Ministero della Difesa e al nostro Paese. Sono moltissime le sfide che l’aspettano, ma sono certo che con le sue capacità politiche, tecniche e umane saprà coglierle e vincerle. In bocca al lupo!”), escludendo così i ‘Popolari per l’Italia’ dall’esecutivo. I parlamentari del partito nato dalla scissione con Scelta Civica hanno diffuso ieri la nota secondo la quale affermano di “aspettare lunedì per sceglier di appoggiare o meno Renzi”. Un campanello di allarme per il sindaco di Firenze uscente, visto che al Senato contano ben 12 eletti. Probabilmente il premier incaricato deciderà di recuperare l’appoggio dei centristi grazie alle poltrone di vice ministro e sottosegretari.
Sempre al centro, Renzi blinda l’appoggio dei montiani, attraverso l’ex rettore Stefania Giannini al Ministero dell’Istruzione, e dei casiniani, per mezzo di Gianluca Galletti che prende il posto di Orlando. Poi, per frenare le acque agitate in casa Pd (ipotesi di scissione dei civatiani assieme ad alcuni scontenti del Movimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia e Libertà) Renzi ha deciso di sostituire Delrio (che prende il posto di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) con la Lanzetta, convinta sostenitrice di Pippo Civati.
Sul fronte Nuovo Centrodestra, il premier incaricato ha deciso di confermare tutti gli esponenti del partito scisso dal Pdl nei Ministeri che guidavano nel periodo Letta: Alfano all’Interno, Lorenzin alla Sanità e Lupi alle Infrastrutture. Con una piccola ma sostanziale differenza: Alfano non sarà più vice premier. L’aut aut (ministero o vice premiership) l’aveva imposto Renzi la mattina successiva all’incontro (notturno) con Alfano, il quale ha puntato sul Viminale.
In definitiva, il governo Renzi è un esecutivo con il 50% di ministri PD: otto dicasteri, di cui tre senza portafoglio. Ncd, in qualità di seconda forza, guida tre dicasteri chiave, tutti con portafoglio. Il centro dovrebbe essere soddisfatto grazie all’Ambiente e al Miur, ma la grana ‘Per l’Italia’ potrebbe agitare le acque.
C’è da dire che il fonte interno ai democratici è più calmo, non solo grazie all’entrata dei civatiani, ma anche per la scelta di Padoan (uno dei tre indipendenti nell’esecutivo Renzi) al Mef. Di fatto l’ex vice direttore dell’Osce è stato collaboratore di D’Alema e questo potrebbe rassicurare ulteriormente la corrente dalemiana che questi giorni sta armando un nuovo conflitto per il doppio incarico di Renzi: segretario-premier. Ma Padoan conforterebbe anche l’Ue e la Bce grazie alla sua grande esperienza e professionalità acquistata negli anni.
Tra i big che restano fuori, a parte i ‘no’ della vigilia (Barca, Montezemolo, Farinetti, Baricco, Prodi e Letta), alcuni nomi importanti circolati poco prima dell’uscita di Renzi dal Colle: Nicola Gratteri come Guardasigilli e Vincenzo De Luca (“lo sceriffo di Salerno”) che trova così, comunque, il modo di uscire da vincente: “rimango a Salerno, resto qui per continuare a lavorare. Così abbiamo risolto anche i problemi del doppio incarico”.
Daniele Errera