La condizione del Venezuela peggiora giorno dopo giorno, con tutte le premesse per un’imminente guerra civile vera e propria. L’elevata inflazione, la progressiva svalutazione monetaria, la società civile divisa in due, e le tese relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti sono i principali fattori della crisi venezuelana. E proprio a proposito dei rapporti con il governo di Washington, il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha ordinato al ministro degli Affari Esteri l’espulsione di tre diplomatici statunitensi considerati “non graditi” nel Paese, e li ha invitati a “andare a cospirare a Washington”.
Gli Stati Uniti hanno considerato false e prive di fondamento le accuse di aver aiutato i manifestanti che nelle ultime settimane stanno protestando contro il governo venezuelano, accusato di essere responsabile della grave condizione interna del Paese. Maduro ha dichiarato che le accuse agli Stati Uniti sono legate alle richieste ricevute dal rappresentante venezuelano presso l’Organizzazione degli Stati Americani (Organization of American States – OAS), tra cui la sospensione dell’ordine di cattura emesso contro il leader dell’opposizione venezuelana Leopoldo López.
Definito da Maduro come un “fascista vigliacco” e ricercato dalle autorità venezuelane con l’accusa di aver istigato i recenti scontri di Caracas, López ha annunciato di consegnarsi alla giustizia dichiarando di essere certo di non aver nulla da temere, “non avendo commesso alcun delitto”. López è indubbiamente uno dei dirigenti più radicali della coalizione di opposizione Mesa de la Unidad Democrática (MUD) e ha sollecitato il ricorso alle contestazioni in piazza contro il governo.
Nel frattempo Henrique Capriles, l’ex candidato presidenziale sconfitto da Maduro nello scorso aprile, sta cercando di allentare la tensione sostenendo che bisognerebbe rinunciare alla violenza e pretendere che il governo disarmi al più presto i gruppi paramilitari e termini la tortura e la repressione contro i manifestanti.