Ebbene ci risiamo. La casta ha di nuovo provato a farla in barba a tutti ma, stavolta, non c’è riuscita. I nostri parlamentari sono come le vette del Kilimangiaro: sempre più lontani dalla base (che pur li sostiene), immobili nelle intemperie e nelle avversità, immuni a tutto ciò che accade al di sotto della vetta.
[ad]Solo che, per fortuna, le montagne non ricevono stipendi da migliaia di euro al mese per lavorare, dati statistici alla mano, circa 16 ore alla settimana alla Camera e 9 ore al Senato.
L’Italia attraversa una crisi spaventosa. Mai, da decenni, il numero dei giovani senza lavoro era stato così alto; nel nostro Paese il 31 % dei giovani è senza lavoro, percentuale che sale al 50% tra i ragazzi del Sud. Intere famiglie sono costrette a fare sacrifici, cercando sempre maggiori appoggi tra i nonni e le loro, già misere, pensioni. Nei telegiornali non si sente altro di attività che chiudono, di cassa integrazione, di operai che, rischiando il licenziamento, occupano gru, edifici pubblici e mandano al quel paese, senza tanti complimenti, politici nazionali in diretta televisiva. E i nostri parlamentari che fanno?
Nulla. O meglio, tentano di fare qualcosa ma sempre nel loro interesse. Il neonato governo Monti aveva provato a mettere un freno agli stipendi degli eletti (pardon, nominati) che siedono a Montecitorio, ma subito si sono alzate forti le loro proteste: “questo è un attentato all’autonomia del Parlamento! Il Governo non ha competenza in materia, la quale spetta solo al Parlamento!”
Ed in effetti è vero. Per disinnescare la polemica montante, Fini e Schifani avevano assicurato che entro il mese di Gennaio si sarebbe operato un serio taglio alle retribuzioni dei parlamentari per “metterle in linea” con quelle degli altri Parlamenti Europei e per essere più vicini ai cittadini in questo momento di crisi.
In effetti il taglio c’è stato, o meglio, non c’è stato. Gli onorevoli percepiranno 1300 euro lordi (700 euro netti) in meno al mese. Già così sembrerebbe uno scherzo: 700 euro al mese per chi ne guadagna oltre 16 mila è qualcosa che fa storcere un po’ la bocca. Ma, purtroppo, c’è da piangere: i deputati percepiranno la stessa identica retribuzione perché non si sono ridotti lo stipendio ma hanno rinunciato ad un aumento. Infatti, il passaggio dal sistema contributivo a quello retributivo per il calcolo delle pensioni, introdotto dal Ministro Fornero, ha toccato anche loro ma in maniera diversa rispetto ai lavoratori italiani: con questo passaggio i deputati avrebbero visto un aumento di 700 euro netti al mese poiché non debbono più versare i due contributi di prima al vitalizio e alla previdenza,ma uno solo.
Ma se gli italiani avessero saputo di questo aumento ai loro già ricchi stipendi, come sarebbe finita? Molti onorevoli avranno paventato un nuovo lancio di monetine di craxiana memoria e quindi, tra i due mali, la folla inferocita o rinunciare al loro aumento, hanno deciso il secondo. E quindi? Pacche sulle spalle, sorrisi di vittoria, dichiarazioni che rendono i nostri parlamentari più vicini ai cittadini e al momento difficile del Paese. Ma tutto questo, a ben vedere, non è avvenuto.
Però, si dirà, si risparmiano questi soldi. E no,purtroppo, perché oltre al danno c’è la beffa. Questi “risparmi” non faranno parte delle casse dello Stato, ma resteranno in Parlamento poiché con questi soldi è stato creato un fondo ad hoc da utilizzare qualora ci fossero dei ricorsi da parte degli stessi parlamentari. Infatti la riforma Fornero, ha fatto si che gli onorevoli possano ottenere il vitalizio a 60 anni, se sono stati eletti per più legislature, o a 65 se ne hanno fatta una sola, contro i 50 anni di prima. Quindi ci si aspetta, se non proprio una cascata di ricorsi, almeno qualche rivolo,con buona pace della crisi e della vicinanza ai cittadini.
[ad]Il problema dell’Italia, sicuramente, non è lo stipendio degli onorevoli. E’ tutto l’apparato politico-burocratico che necessita di una seria revisione. Avere quasi 1000 rappresentanti in parlamento per un Paese di 60 milioni di abitanti ci porta al secondo posto al mondo secondi solo alla Cina (la quale,però, ha una popolazione di quasi un miliardo e mezzo di abitanti).
Ognuno di loro, in questi giorni, tenta di giustificare i suoi stipendi, i suoi benefit, le sue ore di lavoro, ma appare sempre più una cosa artefatta; una difesa d’ufficio non richiesta né voluta dai cittadini che si sentono protagonisti solo una volta ogni cinque anni e ad un mese dalle elezioni. In quel periodo politici di turno sfilano in comizi per arringare la folla. Poi, per tutto il resto della legislatura, chi s’è visto s’è visto, saluti e baci.
La politica è la cosa più bella che si possa fare ma ormai la distanza tra governanti e governati appare incolmabile. Nessuno, con un po’ di buon senso, chiederebbe ai politici di fare il loro lavoro gratuitamente. Già ora l’Italia è al secondo posto in Europa per corruzione, figurarsi cosa accadrebbe se affidassimo posti di tale potere a persone non retribuite.
Tutto ciò accadeva durante l’impero romano: i consoli, i pretori, i tribuni svolgevano i loro compiti “sine pecunia” e poi, alla fine del loro anno di carica, erano inviati a governare le province dell’impero. Ad esempio, quello che accadde in Sicilia con Verre è noto: spogliò l’isola di tutti i suoi beni (rubò addirittura gli ori e tutto ciò di prezioso che c’era nei templi) per poter ricostituire il suo disastrato patrimonio. Solo l’intervento di un giovane Cicerone permise che egli fosse punito per i crimini commessi.
I politici, a qualunque livello, dal Comune sino al Governo, devono lavorare per il bene del Paese e delle prossime generazioni. Devono avere una giusta retribuzione, ma scevra di tutti quei privilegi odiosi che li hanno portati ad essere definiti “la casta”.
Noi italiani siamo un popolo straordinario, ma abbiamo un difetto che oscura tutti i nostri pregi: raramente riusciamo a scegliere la migliore classe dirigente.