Delrio e le imposte sul risparmio, il primo pasticcio del governo Renzi
Renzi e Delrio alle prese col tema delle tasse. Salvo imprevisti oggi il governo Renzi dovrebbe superare lo scoglio più difficile del suo parto, ovvero l’ottenimento della fiducia al Senato, sancendo così all’atto pratico la nascita del nuovo esecutivo. Un esecutivo che però sembra nascere sotto una cattiva stella, visto che nel giro di poche ore è arrivato la prima giravolta targata dal presidente e dal suo sottosegretario Graziano Delrio.
Nella mattinata di domenica Renzi aveva tentato di assicurare riguardo aumenti d’imposta, specie in riferimento ai timori della Corte dei Conti che, a causa dell’eccessivo ottimismo nelle previsioni del precedente governo Letta, prevede l’assenza di oltre 10 miliardi di euro nelle casse statali, richiedendo quindi una nuova manovra. Poche ore più tardi, nel primo pomeriggio, il sottosegretario ha però affermato che non ci sarebbero grossi problemi ad aumentare la tassazione sui titoli di stato, attualmente agevolati al 12,5 per cento in luogo del 20 relativo agli altri strumenti finanziari.
La chiamano tassazione delle rendite finanziarie, ma si tratta di una imposizione sul risparmio, e rischia di creare più problemi di quanto se ne vogliano risolvere: il sottosegretario Delrio ha fatto l’esempio della vecchietta con 100 mila euro di BOT alla quale non creerebbe grossi problemi un prelievo aggiuntivo da una trentina di euro, dimenticando o ignorando che il debito pubblico italiano è solo per un sesto nelle mani di investitori privati italiani, mentre il resto è in portafogli stranieri o di istituti finanziari nostrani che sono molto più bravi a fare i conti della vecchietta di cui sopra, e potrebbero non iniettare nuovi soldi in Italia se non richiedendo maggiori interessi.
Più in generale il governo Renzi vorrebbe aumentare l’imposta sul capital gain per armonizzarla con la media europea oppure con la tassazione sul lavoro: entrambi gli obiettivi però non hanno senso. Nel primo caso l’Italia ha un disperato bisogno di attirare denaro, e aumentare la tassazione sul risparmio non sarà certamente di aiuto; anzi, per ottenere quell’obiettivo bisognerebbe rovesciare l’attuale paradigma che vede agevolati i titoli di Stato e del risparmio posso postale rispetto a strumenti finanziari emessi dal settore privato.
Nel secondo caso, invece, a conti fatti, fra imposta sul capital gain, patrimonialina del 2 per mille e altre imposte sul risparmio, l’aliquota effettivamente pagata da chi riceve rendite finanziarie è già allineata con quella sul lavoro dipendente intorno al 30 per cento.
In sintesi le proposte di Renzi e soci in materia di risparmio fiscale denotano o una facile propensione al populismo in vista delle elezioni di maggio oppure una ben peggiore ignoranza della materia, e le due ipotesi non si escludono a vicenda. Tralasciando i problemi relativi ai crediti d’imposta in caso di perdite, aumentare l’aliquota sul risparmio, per finanziare il libro dei sogni relativo a minori di imposte sul lavoro senza toccare i titoli di stato bisognerebbe prendere in considerazione un (probabilmente mortale) aumento dell’imposizione fin inoltre il 30 per cento, oppure ritoccare anche quella sui titoli di Stato, rischiando però di causare squilibri sulla sostenibilità del debito pubblico. Consigliamo a Delrio, a Renzi e al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan di dare un’occhiata ai dossier prima di fare ulteriori colpi di testa contro muri di cemento armato.
L’agenda macroeconomica ha visto lunedì una piccola ed inaspettata accelerazione dei prezzi al consumo dell’Eurozona, cresciuti dello 0,8 per cento su base annua in luogo dell’atteso 0,7 per cento. Martedì verrà reso noto il prodotto interno lordo tedesco, che dovrebbe essere confermato in crescita trimestrale allo 0,4 per cento. Dall’Italia arriverà il dato relativo alle vendite al dettaglio, che dovrebbero crescere dello 0,4 per cento su base mensile, nonché la fiducia dei consumatori, che dovrebbe essere in leggero miglioramento. Lo stesso dato dovrebbe arrivare dagli Stati Uniti, ma in lieve peggioramento.
Mercoledì una nuova stima del prodotto interno lordo inglese dovrebbe confermare la forza dell’economia oltremanica, con una crescita dello 0,7 per cento trimestrale. Negli Stati Uniti le vendite di nuove abitazioni dovrebbero calare a 400 mila unità. Giovedì dovrebbe essere confermato il PIL spagnolo in crescita trimestrale dello 0,3 per cento, mentre l’Italia emetterà i primi BTP a 10 anni dell’era Renzi. Gli Stati Uniti dovrebbero vedere rallentare la caduta degli ordinativi di beni durevoli su base mensile, mentre le richieste di nuovi sussidi di disoccupazione dovrebbero confermarsi stabili.
Venerdì arriveranno nuove informazioni a proposito dell’inflazione in Giappone; la Germania dovrebbe vedere le vendite al dettaglio tornare a crescere, mentre il tasso di disoccupazione in Italia dovrebbe salire al 12,4 per cento. Sempre da Roma verrà reso noto l’indice dei prezzi al consumo, che dovrebbe confermarsi in crescita annua allo 0,7 per cento. Gli Stati Uniti pubblicheranno la stima preliminare del prodotto interno lordo che, nonostante un rallentamento, dovrebbe crescere comunque di oltre due punti percentuali su base trimestrale.
Giovanni De Mizio