C’è un fatto avvenuto in Africa la settimana scorsa che in Europa si è conquistato solo piccoli richiami sui media più importanti. In Africa invece ha catalizzato l’attenzione dei più importanti giornali e, a qualche giorno di distanza, non smette di scatenare commenti e dibattito. La vicenda, apparentemente, è di natura economica ed è avvenuta in uno dei principali paesi del continente, la Nigeria. Sto parlando della destituzione del governatore della Banca centrale, Lamido Sanusi, decisa dal presidente Goodluck Jonathan. Il governatore è stato dimesso perché aveva denunciato la corruzione della compagnia petrolifera nazionale.
Per la verità Lamido Sanusi era andato giù molto pesante: aveva riferito in senato della perdita stimata in Nigeria di 20 miliardi di proventi petroliferi tra gennaio 2012 e luglio 2013 attribuibile alla corruzione, anzi ad un vero e proprio sistema che sottrae sistematicamente risorse allo Stato e alla popolazione. Nello stesso intervento aveva fatto una sorta di lezione affermando che “…Nella maggior parte dei paesi ricchi di petrolio, è facile per le élite fare un sacco di soldi senza lavorare e senza temere provvedimenti dalle autorità. E quando la governance è debole, la corruzione cresce ulteriormente. Il petrolio è una ricchezza che può portare trasformazione, crescita e sviluppo. Usato male porta a illegalità e insicurezza sociale”.
Dopo quell’intervento Lamido Sanusi è stato silurato e la decisione presidenziale non ha riscontrato il favore degli ambienti economici e finanziari non solo nigeriani ma in tutto il continente e anche oltre: i mercati hanno sospeso tutti i depositi, le obbligazioni e le transazioni. Il Naira, la moneta nigeriana ha riscontrato una caduta record nei mercati finanziari.
La questione è ancora aperta e in Nigeria la partita non è affatto chiusa: Lamido Sanusi ha già annunciato che giovedi sfiderà la sua sospensione. Per legge, infatti, la decisione del presidente federale può essere efficace solo se i due terzi dell’Assemblea Nazionale la sostengono. Il confronto è aperto.
La vicenda ha assunto un significato profondo e simbolico per tutto il continente. In Africa infatti la corruzione è uno dei cancri che limitano lo sviluppo e la crescita della democrazia.
In attesa di vedere come andrà a finire possono essere utili alcune informazioni su Lamido Sanusi. Originario di una importante famiglia del Nord è di etnia Fulani, il governatore della Banca Centrale si è laureato anche in studi islamici nell’università di Khartoum. Una laurea importante in un paese in cui i gruppi islamici radicali e armati svolgono un ruolo minaccioso per tutto il paese. Lui è un moderato dal punto di vista religioso. Sul piano economico è considerato una delle cento persone più influenti al mondo.
L’anno scorso aveva fatto un’altra dichiarazione che aveva scosso i settori affaristici interni nigeriani e non solo: aveva detto che la Cina non offre all’Africa e alla Nigeria condizioni migliori di quelle che Europa e Occidente avevano offerto storicamente al continente. Parole, anche queste, pronunciate in un paese in cui gli investimenti di Pechino sono copiosi e caldeggiati da una buona parte della classe dirigente.
Resta da capire se l’attacco di Lamido Sanusi (uomo, comunque, espressione delle etnie del Nord) al presidente (uomo del Sud di religione cristiana) abbia una valenza politica o meno visto che in Nigeria si avvicinano le elezioni presidenziali.