Chi succederà a Giorgio Napolitano?
Gli anni di governo di Silvio Berlusconi sono stati caratterizzati da una forte tensione per la modifica della Costituzione, in particolare per quanto riguarda l’assetto politico istituzionale del Paese e la giustizia; secondo i suoi oppositori si sarebbe trattato di veri e propri tentativi di scardinare l’architettura democratica del Paese per aprire la strada a forme di autoritarismo simili a quelle che oggi si possono trovare in un Paese controverso come l’Ungheria.
Proprio a causa di tali tentativi di intervento costituzionale sono stati avviati dei veri e propri scontri istituzionali che non hanno risparmiato nessuna autorità dello Stato: Parlamento, Governo, Magistratura e Corte Costituzionale, ma soprattutto la Presidenza della Repubblica. Il ruolo di garante della Costituzione assegnato al Presidente della Repubblica, se nell’ordinaria attività politica costituisce un vincolo di non intervento, è invece esaltato nel caso di modifiche alla Carta o in generale di leggi pur non andando a cambiarla ne alterano il significato e l’interpretazione. Scalfaro, Ciampi e Napolitano hanno combattuto delle vere e proprie guerre contro Berlusconi per salvaguardare l’assetto dello Stato, e mai come negli ultimi anni il ruolo del Presidente della Repubblica è stato sotto i riflettori dell’opinione pubblica.
[ad]Questo rende particolarmente significativo il fatto che nel 2013 scadrà il settennato di Giorgio Napolitano, complicando all’inverosimile la già complessa partita a scacchi delle alleanze in vista delle elezioni che formeranno la XVII Legislatura.
In realtà, la differenza non grandissima tra la durata del mandato del Presidente della Repubblica rende quasi ogni elezione politica la premessa dell’opzione sul Quirinale, tuttavia la scelta del successore di Napolitano avrà un valore simbolico altissimo per un Paese ancora in mezzo al guado del superamento delle logiche della II Repubblica e più in particolare del berlusconismo.
Sebbene partecipino all’elezione del Presidente della Repubblica anche cinquantotto delegati regionali che possono introdurre un certo margine di variabilità, sarà infatti la composizione del Parlamento che uscirà dalle prossime elezioni politiche a determinare chi sarà il prossimi inquilino del Quirinale.
Le variabili in campo sono attualmente moltissime, e dipendono dalle alleanze che si formeranno alle prossime elezioni politiche che a loro volta dipendono in maniera significativa dalla legge elettorale con cui si andrà a votare; tuttavia è già possibile, a poco più di un anno dall’evento, iniziare a formulare alcune ipotesi.
Il primo nome papabile è senza dubbio quello dell’attuale Presidente del Consiglio, Mario Monti. L’altissimo profilo istituzionale dimostrato nella gestione del Governo, in special modo nei rapporti con i partiti, lo rende un nome interessante per una buona fetta dell’agone politico, che spazia dal PdL a PD passando per il Terzo Polo. Un simile scenario, tuttavia, implicherebbe una sorta di Grande Coalizione in cui verrebbero sacrificate dal centrodestra e dal centrosinistra le ali più estreme degli schieramenti, rispettivamente la Lega da una parte e IdV e SEL dall’altra. Il vero vincitore di una simile operazione sarebbe naturalmente il Terzo Polo, mentre è facile individuare nel Partito Democratico il principale sconfitto: se infatti le connotazioni di Lega e PdL renderebbero difficile un passaggio automatico dell’elettorato dalla formazione di Alfano a quella di Bossi in caso di scarso gradimento della base di una simile alleanza specie al centrosud, a sinistra SEL si propone come reale alternativa a sinistra di un PD che si ritroverebbe drasticamente schiacciato e ridimensionato.
Nel caso di presentazione delle coalizioni ormai stratificatesi negli ultimi anni, ovvero un centrodestra formato da PdL e Lega, un centro con UdC, FLI e formazioni minori, ed un centrosinistra con PD, IdV e SEL gli ultimi sondaggi vedono un centrosinistra vittorioso senza problemi alla Camera e con discrete possibilità di realizzre una maggioranza anche al Senato. In questo caso non è impossibile un rientro in campo di Romano Prodi; la scelta sarebbe indubbiamente una prova di forza, dal momento che la figura di Prodi rievocherebbe le contrapposizioni della II Repubblica per di più in un momento in cui il Terzo Polo era saldamente parte del centrodestra; avrebbe tuttavia il pregio di essere molto gradita all’elettorato di centrosinistra, che in Prodi ebbe la propria principale bandiera per via delle due vittorie elettorali del 1996 e del 2006.
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