Sicilia, assessore regionale Bonafede “5440 euro non sono abbastanza”
Ester Bonafede, assessore al Lavoro della giunta Crocetta in Sicilia, dice che i 5440 euro netti al mese da lei percepiti sono ‘pochi’. Secondo l’assessore, rappresentante in giunta del gruppo consiliare dell’ARS dell’UDC di Casini, lo stipendio percepito è troppo basso per la mole di lavoro e di responsabilità che riveste quel ruolo.
Secondo Bonafede, infatti, il suo stipendio ‘è inferiore rispetto al capo di gabinetto del suo ufficio, di un commesso o di un semplice parlamentare’.
Secondo l’assessore, infatti, ci dovrebbe almeno essere l’equiparazione tra stipendi degli assessori regionali e quello dei parlamentari, “non per sminuire il lavoro dei parlamentari ma per giustizia, visto che un semplice deputato non ha le stesse responsabilità di un assessore”.
Secondo l’assessore siciliana è stata portata “da Roma” avanti una “politica discriminatoria” verso gli enti locali e gli stipendi dei suoi politici. L’assessore recrimina uno sbilanciamento nel finanziamento della spending review, visto che questa è stata “completamente finanziata dalla politica e dagli organi amministrativi” e a livello nazionale dagli enti locali, in primis le regioni.
Dalle parole dell’assessore si evince quasi la sensazione di essere perseguitati, una vera caccia alle streghe. “Bisogna ridare dignità alla parola politica”, secondo Bonafede visto che “non è attraverso la demagogia e la dissoluzione del ruolo ontologico della politica che si ricongiunge il legame tra questa e il cittadino”.
Non è la prima volta che dalla politica si levano lamentele simili, in netta contrapposizione alla tendenza alla denuncia dei costi troppo alti della politica. Si può pensare all’on. Carlucci che non più di tre anni fa si lamentò pubblicamente, e anche abbastanza clamorosamente, dello stipendio da parlamentare, raccontando di “spese da mantenere altissime, con varie segreterie e i pernottamenti in albergo”.
Clamorose furono le parole di qualche anno fa di Renato Brunetta (FI), il quale si lamentò di “non potere pagare l’IMU”, appena imposta dal governo Monti, e di vivere una situazione di difficoltà, nonostante il lauto stipendio da parlamentare e gli anni, ben ripagati, da ministro. Uno degli ultimi episodi risale ad agosto, quando Ignazio Marino (PD), da poco eletto sindaco di Roma, si lamentò della contribuzione di ‘soli’ 4500 euro rispetto alla mole di lavoro che la carica comporta, dichiarando che “il gioco non vale la candela”.
Francesco Di Matteo