Più preferenze per tutti
[ad]E’ dunque facile ipotizzare che un ritorno alle preferenze rappresenterebbe un cambiamento sostanziale soltanto nel Mezzogiorno e soltanto per qui partiti che proprio nel Sud possono contare su un grosso bacino elettorale, Udc e Pdl in testa.
Un effetto che riscontreremmo con certezza sarebbe l’aumento della conflittualità interna ai partiti determinata dalla lotta per le preferenze. Questo potrebbe minare la coesione intrapartitica innescando una “guerra tra bande” che indebolirebbe il sistema bipolare a tutti i livelli di governo attraverso la formazione di micro-partiti in eterno conflitto.
Rispetto al legame tra clientela, malaffare e voto di preferenza esiste un equivoco di fondo. Il voto di preferenza infatti non è direttamente causa di comportamenti clientelari-mafiosi. E’ senz’altro vero che tra i fenomeni esiste un nesso ma è altrettanto vero che la costruzione delle reti clientelari-mafiosi riguarda le dinamiche socio-economiche di un territorio. In sostanza, Il voto di preferenza, dà solo forma politica ad una realtà estremamente complessa, di certo non la determina. I “campioni delle preferenze” che, nelle regioni meridionali, in molti casi risultano contigui alla malavita, se pur privi dello “strumento” preferenziale hanno saputo mettere in campo soluzioni diverse intervenendo al momento della formazione delle liste per ottenere posti vantaggiosi in cambio dei propri “voti personali” da portare in dote al partito.
Non è quindi agendo sul voto di preferenza che si evitano fenomeni clientelari-mafiosi: sarebbe troppo semplice.
Cosentino ad esempio, è stato eletto sia nel 2006 che nel 2008 con il Porcellum (ossia senza preferenze) tuttavia i reati contestate dai giudici di Napoli sono gli stessi che i giudici di Reggio Calabria hanno addebitato a Santi Zappalà eletto con oltre 11.000 preferenze nel Consiglio Regionale calabrese nel 2010 ovvero voto di scambio e favoreggiamento esterno in associazione a mafiosa (in primo grado sarà condannato soltanto per voto di scambio). Due arene elettorali diverse, due diversi sistemi elettorali, due situazioni pressoché identiche.
E’ solo all’interno dei partiti che si possono mettere in campo misure contro il fenomeno clientelare attraverso processi democratici interni trasparenti e una selezione dei candidati che escluda determinati soggetti, anche a costo di perdere consenso per qualche tornata elettorale.
Purtroppo l’avvicinarsi delle elezioni spinge tutti a considerazioni di breve periodo e non lascia spazio a riflessioni più attente. Di conseguenza mentre l’Udc ritiene indispensabile il voto di preferenza per tornare forte in Sicilia, Pd e Pdl aspettano dubbiosi, stretti tra la possibilità di sfruttare la lista bloccata per regolare i conti interni e l’opportunità di evitare le primarie lanciando i candidati in una competizione tutti contro tutti utile a massimizzare i voti del partito, con buona pace della coesione interna. A quella, semmai, si penserà ad elezioni concluse.