Dopo il crollo del primo marzo del muro della bottega di via Stabiana a Pompei, seguito poi dalla caduta dell’intonaco della case della Fontana ubicata nella stessa area dove si è verificato il primo disastro, è ora l’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ad intervenire direttamente, un monito che a ben vedere sa quasi di ultima spiaggia.
E sì, perchè di fronte alla rinnovata tragedia che ha colpito per l’ennesima volta il sito archeologico più famoso ed importante al mondo, talmente importante che allorché fu scoperto, nella prima metà del XVIII sec, riuscì ad influenzare il progresso delle attività artistiche, architettoniche e filosofiche degli uomini di quel tempo all’interno di un movimento culturale passato alla storia sotto il nome di neoclassicismo, e talmente bello, poi, da richiamare l’attenzione di tutti gli uomini di cultura di ogni epoca, da Goethe all’Alfieri, da Winkelmann ai Re d’Italia, non c’è più tempo da perdere.
Come ammesso dallo stesso Giovanni Puglisi, presidente della commissione italiana Unesco,’Occorre un piano di interventi straordinario che metta in sicurezza l’intera area perché se questi terreni non hanno un drenaggio forte delle acque piovane è chiaro che Pompei è destinata a crollare per intero‘.
Parole, dunque, che non lasciano spazio all’immaginario o ad una diversa interpretazione, ma assomigliano di fatto al più preciso degli ‘Aut Aut‘. Le cause dei crolli degli ultimi giorni, secondo Puglisi, sono molteplici, da attribuire principalmente all’azione distruttrice dell’acqua piovana e delle infiltrazioni che gravano su un già scarso stato di manutenzione dei reperti, sia alla ‘matassa burocratica’ dell’ordinamento giuridico italiano, tanto a livello centrale e nazionale, quanto a livello territoriale, che fatalmente e inevitabilmente ha la colpa di ostacolare qualsiasi azione repentina volta a migliorare il deprecabile stato di conservazione degli scavi.
Spiega per il Corriere della Sera il presidente di commissione italiana, non rinunciando di parlare , quasi fosse Gabriel Garcia Marquez, di una ‘morte annunciata’:”Non c’è più tempo da perdere dal punto di vista burocratico, e bisogna agire dal punto di vista geologico e geo-idrico.
il problema è ormai della permeabile situazione del sistema idrogeologico che praticamente non tiene più da un lato e non riesce a filtrare più nulla dall’altro, per cui l’acqua dove arriva si ferma e di conseguenza quando il sistema idrogeologico è saturo viene giù: l’unica cosa da fare è un intervento straordinario ma su tutta l’area di Pompei, non solo dal punto di vista archeologico ma anche dal punto di vista idrogeologico, questo è il vero nodo».
Sarà il neo ministro dei beni culturali e del turismo Dario Franceschini a dover prendere la ‘patata bollente’ in mano, tant’è che lo stesso presidente di commissione italiana Unesco nelle sue dichiarazioni non manca affatto di tirarlo in ballo:”Mi auguro che il ministro Franceschini che è autorevole componente del Governo riesca ad ottenere un intervento straordinario del genere. Non credo ci sia altro da dichiarare: rammarico e amarezza non servono a nulla, sono cose che sappiamo, si potrebbe istituire la rubrica «Pompei sui quotidiani e ogni giorno la riempiremmo con le ultime notizie».
Dal canto suo il neo ministro ha fatto già sapere che nella giornata di oggi è previsto un incontro con alcuni collaboratori ed altri rappresentanti dell’attuale esecutivo per discutere un piano straordinario di interventi da adottare nei confronti dell’emergenza di Pompei, ma al momento notizie su quali saranno i provvedimenti che saranno realmente e concretamente adottati non è dato saperlo e risultano piuttosto frammentarie.
Sulla delicata faccenda di Pompei ha detto la sua anche l’attuale Presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale, Antonio Irlando,che intervistato da Radio Vaticana nella giornata di oggi, ha così dichiarato, parole certamente discutibili ed opinabili, ma che rappresentano con perfezione lo stato di fatto:”Questi crolli sono una grazia per Pompei. Mi spiego meglio: ormai le criticità sono evidenti da almeno una quindicina d’anni e noi facemmo uno studio nel 2005, nel quale spiegavamo che l’80% dell’area archeologica di Pompei era a rischio crollo o, più in generale, di distruzione. Purtroppo, c’è voluto il crollo della “Schola armaturarum” di qualche anno fa per portare all’attenzione di tutti in maniera evidente, per far aprire gli occhi a tutti e per far allargare la consapevolezza sul dramma che si viveva a Pompei. Oggi ancora crolli, è come se qualcuno ci stesse dicendo: “Ma che aspettate? Che cosa continuate a nascondere?”. Perché si tratta spesso anche di nascondere le cose… A Pompei, la situazione è fuori controllo: per ogni crollo reso noto con un comunicato ufficiale della Sovrintendenza, ce ne sono almeno nove di cui non si ha notizia.”
E a ben vedere la storia dei fatti contingenti dà pienamente ragione alla ‘bizzarra’ teoria enunciata dal responsabile dell’Osservatorio: è dalla bellezza infatti di quindici anni, come confermato dal presidente Irlando, che ‘tonfi’ delle macerie echeggiano tra le viuzze della città romana, una ‘rovina’, (questa sì da usare in forma ‘dispregiativa’), che ha iniziato sempre più ad accelerare, ad essere frequente, quasi meccanica, a partire dagli anni dell’allora ministro Sandro Bondi, sotto il quale si assistette al crollo della celebre Domus dei Gladiatori, crollata sotto l’assurdo peso di un tetto in ‘cemento armato‘ e per le solite infiltrazioni d’acqua. Sotto il Dicastero dell’ex ministro del governo Berlusconi, nel dicembre del 2010, si registreranno altri crolli, questa volta due muri della casa del Moralista, ma in generale, a partire dagli ultimi anni della prima decade del millennio, i crolli degli scavi pompeiani sono avvenuti con una tale frequenza, che definire ‘allarmante‘ è uno spicciolo eufemismo che non rende consapevoli del pericolo che non solo l’economia, ma anche la faccia, l’Italia sta correndo. A parte i tanti annunci e le tante promesse, fatte, queste sì, in piena ‘par condicio’, dal ex ministro Giancarlo Galan al ministro dell’era Montiana, Lorenzo Ornaghi, per finire all’ultimo che si è seduto sulla poltrona del vertice ministeriale, Massimo Bray, nulla di risolutivo in realtà è stato fatto. A tal punto che saranno i privati cittadini,( il caso Della Valle e il Colosseo costituiscono un manifesto a tal riguardo) e persino i tedeschi, a manifestare l’esigenza di dovere intervenire, di fare qualcosa affinchè una delle meraviglie del mondo non scompaia del tutto; se questa non è vergogna, cos’è infatti?