La Costituzione dell’Ungheria onora solo il padre e la madre
Martedì 15 dicembre il Parlamento ungherese ha approvato con 123 voti a favore, 45 contro e 5 astensioni, il nono emendamento della Costituzione. La materia in questione è la famiglia. In questo caso, si usa il singolare perché uno solo sarà il modello di famiglia riconosciuto e tutelato dalla Legge Fondamentale dell’Ungheria: quello dove “la madre è femmina, il padre è maschio”.
L’emendamento si inserisce nel solco della svolta della nuova Ungheria, dove da dieci anni è al potere ininterrotto il partito Fidesz del Primo Ministro Viktor Orbán. Obiettivo dell’incontrastato leader è dare un’impronta conservatrice al paese.
I diritti civili in generale, e quello della famiglia in particolare, sono diventati uno dei principali terreni di scontro con la minoranza liberale e filo-europeista.
Chi viene coinvolto dall’emendamento?
Ad essere interessate dalla riforma sono le famiglie omogenitoriali e transgender, che non potranno più accedere all’istituto dell’adozione.
Prima di oggi in Ungheria l’adozione per le coppie omosessuali era possibile se uno dei due partner avesse presentato domanda in qualità di unico genitore del minore.
Da oggi in poi l’essere uniti in matrimonio (che la stessa Costituzione definisce come esclusivamente eterosessuale) costituirà condicio sine qua non per poter adottare.
Le recenti modifiche riguardano anche il modello di educazione secondo il quale si devono crescere i figli. Secondo Judit Varga, Ministro della Giustizia, è necessario infatti proteggere i bambini dalle “interferenze ideologiche e biologiche dell’Occidente“. Per questo motivo l’emendamento stabilisce la priorità di fornire un tipo di educazione “corrispondente ai valori che sono alla base dell’identità costituzionale e alla cultura cristiana“.
La reazione della comunità LGBTIQ e delle forze politiche liberali non si è fatta attendere. Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, l’obiettivo degli oppositori dell’emendamento è di dimostrare alla Commissione Europea che esso è contrario all’articolo 2 del Trattato UE.