Matteo Renzi guida il governo dei record: il più giovane Presidente del Consiglio, la più bassa età media del Consiglio dei Ministri, il maggior numero di donne ministro, la perfetta parità di genere, il secondo Consiglio dei Ministri più snello dopo il De Gasperi ter. Sono dati di partenza sicuramente positivi che, tuttavia, non fugano i numerosi dubbi circa alcuni ministri e sottosegretari.
Mal si comprendono, infatti, parecchie nomine: il rinnovamento all’interno del Partito Democratico, s’è in apparenza fermato alla più democristiana spartizione correntizia. Il Presidente del Consiglio sembra aver premiato la mediocrità delle vecchie facce aggrappatesi per tempo al carro vincente (Dario Franceschini, Riccardo Nencini – Vito De Filippo) e delle nuove icone “pop” formatesi con Bim Bum Bam (Marianna Madia, “enfant prodige con le amicizie giuste” o Francesca Barracciu, sottosegretario quasi a sua insaputa). La conferma di tre dei quattro ministri del Nuovo Centro Destra, invece, si spiega col fatto che, evidentemente, il fallimento del Governo Letta è dipeso solo dall’ex premier e dai ministri come Emma Bonino, Fabrizio Saccomanni, Enrico Giovannini, non dall’incisiva azione degli alfaniani diversamente berlusconiani.
Le riserve sulle qualità e le competenze di alcuni ministri e sottosegretari, però, non sono l’unico problema della nuovissima squadra di governo. Quattro sottosegretari democratici (Umberto Del Basso De Caro e Filippo Bubbico oltre ai già citati Vito de Filippo e Francesca Barracciu) sono al momento sottoposti ad indagini penali. Se il nuovo premier non è né Tony Blair né, tantomeno, John F. Kennedy (come ha spiegato Lucia Annunziata a commento della “provocazione dadaista” del premier al Senato), l’Italia di Renzi non ha nulla della severità anglosassone, continuando ad essere sfacciatamente pressappochista e permissiva (pardon, garantista). E così si torna a fare il gioco dei capipopolo che, a buon diritto, gridano allo scandalo e, nella confusa eccitazione, mettono all’indice, indistintamente, anche le tante persone oneste. Grillo ha già concesso l’onore delle armi ad Alfano (il cui discusso -ma non indagato- Antonio Gentile s’è dimesso dall’incarico di governo) accusando il premier e i dirigenti democratici che, imprudentemente, difendono i neo-sottosegretari indagati.
Mentre la rottamanda Bindi ricorda che “un tempo non li candidavamo”, l’astro nascente Boschi ribadisce, invece, che “non chiederemo le loro dimissioni”. Insomma, Renzi è riuscito a rottamare i contenuti; deve, però, ancora applicarsi sulla sbandierata (ma sfacciatamente disattesa) valorizzazione del merito e dell’onestà dei suoi homines novi.
Andrea Enrici