Il Sian, ovvero il sistema informatico del Ministero dell’Agricoltura, è sotto la lente d’ingrandimento della Procura della Repubblica di Roma. Trattasi di sistema fallace, difettoso e mal funzionante, oggetto – negli ultimi quattro anni – di molteplici perizie, dossier e analisi che ne hanno evidenziato l’ inadeguatezza. Il problema potrebbe sembrare un classico problema della malaburocrazia italiana, se non fosse che questo Sian è arrivato a costare 780 milioni di euro al contribuente italiano. Non bastasse questo, nelle settimane scorse – sotto il rumore provocato dallo scandalo De Girolamo – il contratto di appalto è stato rimpinguato di ulteriori 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016.
Il Sian eroga un totale di 7 miliardi all’anno di fondi europei, ma in modo errato o molto poco trasparente. Secondo l’ultima perizia, ad esempio, le superfici dei terreni non coincidono con la realtà. Ciò porta contributi agli agricoltori, nonostante l’inserimento di dati non corretti, che in alcuni casi si discostano dalla realtà anche del 100%. Per non parlare delle irregolarità relative alle proprietà dei terreni agricoli: alcuni agricoltori si sono trovati, nell’arco di pochi minuti, ad essere proprietari di ben 23 terreni diversi.
Sono mesi che il Nucleo Speciale di Tutela Spesa Pubblica indaga sul caso, nulla è ancora trapelato, ma sembra che i contributi erogati a falsi agricoltori siano svariati milioni. Tra i beneficiari vi sarebbero anche prestanome di clan mafiosi, e tra i contributi sospetto vi sarebbe anche un contributo da 50 milioni finito nel nulla.
Annalisa Boccalon