40 anni dei Pink Floyd, grande esibizione a Milano

Pubblicato il 7 Marzo 2014 alle 10:14 Autore: Cecilia Lazzareschi
pink floyd

È molto difficile parlare di Pink Floyd senza inciampare in personalismi o senza riuscire a renderne la grandezza. È difficile semplicemente perché i Pink Floyd hanno incarnato tutto quello che la musica, negli anni Sessanta, avrebbe potuto raggiungere. Ma se si volesse, profanamente, tentare di descrivere la portata dal loro successo, allora si dovrebbe partire proprio dall’inizio.

Sono nati nel 1965 a Londra, quando Syd Barret si unì a un gruppo di studenti di architettura che erano in cerca di un cantante: si chiamavano ‘The Tea Set’ ed erano Nick Mason, Roger Waters, Richard Wright e Bob Klose. L’ultimo lasciò molto presto la band mentre gli altri diventarono l’anima del rock psichedelico, facendo uscire nello stesso anno il loro album di debutto: The Piper at the Gates of Dawn.

Ma presto iniziarono i problemi con Syd Barrett. Autore di quasi tutti i brani del primo album, la voce e il chitarrista del gruppo era però troppo immerso nell’LSD per poter essere nel pieno delle proprie facoltà mentali. Così entrò nel gruppo l’amico David Gilmour per aiutarlo nelle esibizioni dal vivo, fino all’abbandono definitivo di Barrett nel ’68. Di qui le successive creazioni dei Pink Floyd (tre la altre, Atom heart Mother, The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here, Animals) furono segnate da una più o meno equa distribuzione dei ruoli: sia Gilmour che Roger Waters e Richard Wright collaboravano alla composizione e si alternavano per la voce solista.

milano in mostra storia pink floyd

Caratteristica del periodo centrale dei Pink Floyd è la sperimentazione su ogni livello musicale: dal rock psichedelico si passa al progressive, dal blues a composizioni jazzistiche, il tutto accompagnato da rumori, urli, frastuoni primitivi. Quello musicale però era solo un aspetto dei loro brani: a partire da The Dark Side of the Moon, fino a The Wall (1979), si parla di album concettuali, ovvero album che esprimono vere e proprie riflessioni filosofiche o, come nel caso di The Wall, che raccontano un storia.

Anche se la loro produzione artistica continuerà fino al ’94, pur con continui cambi di formazione, probabilmente è proprio con The Wall che la band britannica raggiunge l’apice della propria carriera.

E questa, in occasione dei 40 anni dalla formazione, sarà ripercorribile virtualmente a partire dal 19 settembre, quando aprirà i battenti, presso la Fabbrica del Vapore di Milano, “The Pink Floyd Exhibition” – Their Mortal Remains”: una grande esposizione multimediale in anteprima mondiale, dedicata alla carriera del gruppo. Effetti speciali, copertine, musiche e più di 300 oggetti per entrare nel vissuto della rock band, il tutto grazie alla supervisione e alla collaborazione dei membri del gruppo.

Probabilmente, come previsto, non si è riusciti in questa sede a dare un’idea adeguata di cosa significhi questa band: l’unica vera voce a poter parlare, del resto, è la loro musica. Ma c’è una citazione che, più di ogni altra, rende quello che tante parole non riescono a dire: “Se dovessimo inviare una navicella spaziale per far conoscere agli alieni il miglior gruppo del pianeta Terra, sicuramente nell’universo risuonerebbe la musica dei Pink Floyd”.

Cecilia Lazzareschi