Il ritorno dei Giovani Turchi
Insomma, quasi una riedizione del congresso Pds del ’94.
Ma c’è poi un’altra considerazione che ci giunge da questa iniziativa: Fassina, Orfini e Orlando infatti parlano di contenuti. Ci mettono la politica all’interno della loro proposta, giusta o sbagliata che sia. E al tempo stesso disegnano il contenitore (il Pse italiano) che deve essere alla base della propria piattaforma politica.
[ad]Ecco perché chi analizza da anni la vicenda della sinistra nostrana e ha letto attentamente il manifesto “turco” non può che notare l’assoluta inconciliabilità tra i postulati esposti nel documento e la linea di Bersani. Perché di per se la linea del segretario oggi come oggi appare senz’altro più “riformista” di quella di Fassina in materia economica (utilizziamo come metro la rigidità sul tema dell’articolo 18) ma manca, a differenza del documento dei “giovani”, di un impianto politico complessivo a sua volta forte e ben definito.
Da una parte ci si sforza insomma di dare un’identità al partito (che racchiude dunque il tema della “sua collocazione nel mondo”) ma dall’altra sembrano emergere, tra l’altro timidamente, solo propositi politici che per quanto meritevoli non sembrano andare a braccetto con una visione di lungo periodo capace di dare una vera e propria collocazione nel sistema.
Perchè c’è gente che attacca i Turchi criticandone i contenuti (i temi economici della sinistra old style). Ma loro ribattono difendendo il contenitore e il bipolarismo (ovunque in Europa c’è un polo della sinistra socialista, indipendente dal grado di riformismo). E non si capisce bene se la cosa è studiata o è pura superificialità.
Un documento di questo tipo pone questi ed altri interrogativi in casa democratica.