Il 27 dicembre il Niger, uno dei più poveri paesi al mondo, terrà le elezioni presidenziali e parlamentari, dopo aver tenuto quelle locali a metà dicembre. L’attuale presidente Mahamadou Issoufou non si è candidato, spalancando le porte alla prima transizione pacifica nella storia del Paese. La tensione però rimane alta, e non è detto che la fragile democrazia nigerina riesca a sopravvivere.
Il clima politico attuale
L’attuale presidente Issoufou (del PNSD, il Partito Nigerino per la Democrazia e il Socialismo) è al potere dal 2011, dopo il golpe militare del 2010. In quell’anno, infatti, l’ex presidente Tandja cercò di estendere la propria presidenza oltre al limite dei due mandati permessi dalla costituzione. In risposta, l’esercito intervenne deponendolo, e libere elezioni furono organizzate per l’anno successivo. Nel 2016 Issoufou è stato rieletto, sfiorando la maggioranza assoluta al primo turno. Avendo completato due mandati, l’attuale presidente non può ricandidarsi per un terzo mandato. Issoufou ha deciso di rispettare la legge, e questo non è scontato: fino ad ora, nessun presidente del Niger ha seguito questa norma, rendendo questa il primo, potenziale, trasferimento pacifico di potere.
I candidati in campo
Sono quattro i principali candidati alla presidenza. Il PNSD ha nominato Mohamed Bazoum, ex ministro degli Esteri e attuale ministro degli Interni. L’opposizione si presenta divisa. Il Movimento Democratico Nigerino per una Federazione Africana (MODEN/FA) ha candidato Hama Amadou. Amadou è un volto conosciuto nella politica nazionale: è stato primo ministro per quasi otto anni e presidente del parlamento per altri 3. Oggi guida il principale partito di centro-destra e d’opposizione del Paese. All’inizio di dicembre, tuttavia, la Corte Suprema del Niger ha bloccato la sua candidatura, a causa di una condanna nel 2017 per traffico di persone. Un altro candidato notevole è Seyni Oumarou, ex-primo ministro sconfitto alle elezioni del 2011 e dal 2016 proprio da Issoufou. Oumarou corre con il Movimento Nazionale per lo Sviluppo della Società (MNSD), un partito liberal-conservatore. L’ultimo candidato di una certa rilevanza è Salou Djibo. Generale dell’esercito nazionale, Djibo guidò il colpo di stato del 2010, e fu presidente ad interim prima delle elezioni del 2011.
Il 27 dicembre verrà rinnovata anche l’Assemblea Nazionale, il parlamento del Niger. Alle scorse elezioni, il PNSD ha ottenuto la maggioranza relativa, con il 35% dei voti. Oggi governa in coalizione con il Movimento Patriottico per la Repubblica (MPR, un partito di centro) e il Movimento Patriottico Nigerino (MPN, di centro-sinistra). L’opposizione invece è divisa tra il MODEN/FA (che ha ottenuto il 13% dei voti) e il MNSD, che ha ottenuto il 10% alle scorse elezioni.
Il sistema elettorale
Il Niger ha un sistema elettorale relativamente semplice, sia per quanto riguarda l’elezione del presidente che per il rinnovo del parlamento. Per il presidente è prevista un’elezione a doppio turno nel caso in cui nessun candidato raggiunga il 50% alla prima tornata. Per l’Assemblea Nazionale si ricorre ad un meccanismo proporzionale per l’elezione di 158 dei suoi 171 membri. Dei rimanenti, 5 sono riservati alla diaspora e 8 alle minoranze e sono eletti in specifici collegi uninominali.
Chi vincerà?
Ad oggi, non esistono sondaggi che possano dare un’indicazione realistica di chi vincerà. Tuttavia, le elezioni locali e regionali che si sono tenute a inizio dicembre sorridono al partito presidenziale. Il PNSD ha infatti conquistato molte città e regioni, e sembra dominare lo scenario politico attuale. La situazione rimane però tesa: il paese continua a subire attacchi terroristici da parte di Boko Haram e il solco tra maggioranza e opposizione è sempre più profondo in un sistema sempre più polarizzato.