L’offensiva trasversale al Governo Renzi: Scalfari e Feltri all’attacco
Eugenio Scalfari e Vittorio Feltri. Due personaggi diversi ma accomunati da un pensiero comune: la critica al neo Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi. Tra ieri ed oggi lo storico fondatore di Repubblica e la famosa firma de Il Giornale hanno lanciato due editoriali nei quali si sono scagliati – chi più, chi meno fortemente – contro l’ex sindaco di Firenze. Partiamo da Scalfari: l’occhio dell’editorialista del quotidiano più letto negli ultimi dieci anni in Italia nota, nelle politiche di Renzi, una somiglianza, anzi una scopiazzatura delle iniziative dell’ex premier Enrico Letta.
Scalfari vede Enrico Letta, lo interroga. Da questa conversazione estrapola nove punti ritenuti innovativi, futuristici, riformatori. Iniziative che Renzi avrebbe tirato su da sé. Ma, in verità, si capisce che così non è: il taglio dell’Irpef era già previsto dall’esecutivo precedente, diviso in due scaglioni (2014 e 2015). Riguardo il pagamento della Pubblica Amministrazione ci avevano già pensato Letta e Saccomanni (sbloccati 20 miliardi). La stessa sinfonia per una serie importante di investimenti pubblici e di privatizzazioni. Sull’andamento dello spread Letta aveva inciso positivamente, non c’è che dire. Poi altri quattro nodi, di cui semestre italiano a Bruxelles, banca centrale, ammortizzatori sociali, il rapporto deficit-pil e lo scambio euro-dollaro.
“Questo – sostiene Scalfari – è quanto il governo Letta ha avviato e in gran parte messo in opera e queste sono le prospettive che avrebbe fatto valere nel corso del semestre europeo”. Ed aggiunge: “Difficilmente Renzi potrà fare di più e di diverso”. Renzi insegue Letta, giura la firma di Repubblica: “Di fatto questo sta già avvenendo ma – sempre che gli elementi informativi che riferiti corrispondano interamente alla verità dei fatti – Renzi ci sta rivendendo come suo proprio il programma già contabilizzato e in piena esecuzione dal suo predecessore”.
Fa eco a Scalfari, con toni più cupi, Vittorio Feltri. Dalle colonne de Il Giornale l’editoriale del giornalista bergamasco non risparmia nemmeno una bordata. “Sei un chiacchierone di talento, questo sì, bisogna riconoscerlo. Ma quando hai finito di parlare sei talmente soddisfatto di te da non avere più energie per nient’altro. E non fai un tubo. I tuoi ministri ti assomigliano: belle statuine, ragazzi illusi che sia sufficiente essere investiti di una carica per dimostrare di meritarla. Finora tu e i tuoi boyscout vi siete distinti solo per la vostra assenza. Non ci siete, e se ci siete dormite. Non avete firmato un solo provvedimento di nota. Ma tu Matteo, sei un politico, uno statista, un pubblicitario o un uomo marketing?”.
Nessuna pietà. Niente sconti: “Caro Matteo, non dirci qualcosa di sinistra e neppure di destra”, scrive Feltri. Poi l’affondo sull’immobilismo che il giornalista vede in Renzi. Un immobilismo totalmente ossimorico con l’ideale di ‘rottamatore’: “Se ti dovessimo giudicare per quanto non hai fatto al tuo esordio a capo dell’esecutivo, dovremmo dire che al tuo confronto Giulio Andreotti era un rivoluzionario e Arnaldo Forlani un sovversivo. Non possiamo affermare che la tua leadership ci faccia pena. Questo no. Però ci preoccupa. Fa sorgere il sospetto che tu sia uno zero. Ma uno zero così tondo da apparire sciocco come la luna”.