Un paio di settimane fa ho avuto l’opportunità di partecipare alla presentazione di un volume pubblicato dalla Banca Mondiale, che si intitola “Combattere la corruzione nella pubblica amministrazione”. Alla presentazione del volume ha partecipato il presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, in qualità di ospite d’onore, dal momento che la pubblicazione è dedicata appunto all’impegno dimostrato dalla sua amministrazione (che governa la Georgia dai giorni della “rivoluzione delle rose” del 2003) nella lotta alla corruzione e ai conseguenti risultati da essa raggiunti. Sia il libro che la discussione su di esso che è scaturita durante l’incontro sono stati incentrati sui vari meccanismi messi in atto dall’amministrazione Saakashvili nel suo intento di eradicare la pervasiva corruzione degli apparati pubblici che vessava il Paese caucasico già durante l’era sovietica e contro la quale poco o nulla era riuscito a ottenere un decennio di indipendenza (dominato, tra l’altro, dalla figura di Eduard Shevardnadze, che aveva già amministrato il Paese durante il periodo sovietico).
[ad]Le azioni messe in atto dal nuovo governo hanno riguardato diversi ambiti della vita pubblica della Georgia, a partire dalle pratiche burocratiche necessarie per aprire un’impresa, alle procedure di ammissione all’università, alla gestione della rete elettrica nazionale, al sistema di riscossione delle tasse. L’immagine del Paese caucasico alla caduta del regime di Shevardnadze era pressochè catastrofica: un paese in cui la corruzione regnava sovrana a ogni livello della vita pubblica (con inevitabili forti ripercussioni su quella privata di ogni singolo cittadino). Il simbolo forse più eloquente è suggerito dai racconti che riguardano la polizia stradale, annidata ad ogni singolo incrocio del Paese (con la presenza, nel 2003, di un poliziotto ogni 21 cittadini) e pronta a fiondarsi ripetutamente sugli automobilisti (e spesso addirittura sui pedoni) per estorcere mazzette al fine di condonare vere (e più spesso presunte) violazioni del codice stradale. L’intervento dell’amministrazione Saakashvili nei confronti della polizia stradale fu a dir poco radicale: 16.000 poliziotti vennero licenziati su due piedi, appena il nuovo ministro dell’interno prese possesso delle sue funzioni.
Le strade di Tbilisi e del resto del Paese rimasero incontrollate per mesi, senza alcun peggioramento della sicurezza stradale, ridotta invece che rafforzata dai comportamenti deviati della polizia precedente. Infine, un nuovo ed efficiente corpo di polizia stradale, estremamente ridotto nei numeri rispetto al precedente (solo 2.400 effettivi) si riaffacciò sulle strade del Paese solo qualche mese dopo. Allo stesso tempo, i licenziamenti selvaggi e anche, in casi più gravi, la carcerazione dei membri del precedente apparato pubblico si estendeva a moltissimi altri settori dello Stato, accompagnati dalla messa in opera di severi controlli coordinati dall’alto, dall’inserimento di vari meccanismi di disincentivo alla corruzione (per esempio la presenza di infiltrati-spie tra i funzionari), da una lotta spietata all’evasione fiscale, dall’innalzamento dei miserevoli salari pubblici e dalla creazione di numerosi meccanismi di incentivo economico per i funzionari più efficienti. In poche parole, una rivoluzione del modus operandi dello Stato che produsse risultati concreti in breve tempo.
Bene, si potrebbe dire, questa ovviamente è la versione che lo stesso Saakashvili fornisce della sua propria azione. E difficilmente ci si potrebbe aspettare che egli stesso si prenda la briga di andare all’altro capo del mondo se non proprio per vantarsi dei propri successi. Diventa quindi interessante andare a vedere cosa hanno detto della sua azione, nel corso degli anni, indipendenti analisti internazionali. In particolare, quando si parla di corruzione, l’istituto di maggiore autorevolezza sul tema è Transparency International, che ogni anno stila una classifica dei Paesi meno corrotti del mondo. Nel Grafico 1 si può vedere l’evoluzione dell’Indice di Corruzione Percepita assegnato alla Georgia da Transparency International nel corso dell’ultimo decennio. Come si può notare, il voto assegnato al paese caucasico cresce costantemente (quanto meno è corrotto il Paese, tanto più alto è il voto che esso ottiene).
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Grafico 1. Evoluzione dell’Indice di Corruzione Percepita in Georgia. Fonte: Transparency International
Specularmente, nel grafico 2 si può seguire la progressiva ascesa della Georgia nella classifica dei Paesi meno corrotti al mondo, dal 133° posto del 2004 al 64° del 2011 (si noti che l’Italia, nel 2011, è finita al 69° posto). I miglioramenti sono, a quanto pare, indiscutibili.
Grafico 2. Posizione della Georgia nella classifica dei Paesi meno corrotti al mondo. Fonte: Transparency International
[ad]A confermarli è anche il Canergie Endowment for International Peace, un prestigioso think-tank di Washington, D.C., che però mette in guarda dal lasciarsi trascinare dall’entusiasmo quando, oltre alla lotta alla corruzione, si guarda anche più in generale alla democratizzazione del Paese. Le voci di uno Stato sempre più repressivo si sono intensificate nel corso degli ultimi anni e la stessa riforma costituzionale che il governo Saakashvili ha varato lascia molte perplessità. Di fronte all’impossibilità del Presidente di candidarsi per un terzo mandato, la nuova Costituzione sposta di fatto molte delle funzioni presidenziali a un rafforzato primo ministro. Forse con qualche giustificato cinismo, si può ben immaginare chi potrà essere il candidato a ricoprire questa nuova posizione, seguendo le orme dell’ingombrante (e odiatissimo) vicino russo.
In conclusione, come fa notare l’Economist in un articolo appena pubblicato, i progressi anti-corruzione del Paese sono difficilmente contestabili (nel corso della recente visita ufficiale di Saakashvili a Washington, anche il Presidente degli Stati Uniti Obama ha espresso all’ omologo georgiano i suoi più sentiti complimenti per i successi ottenuti in questo ambito). Ciò non toglie che i dubbi di quanti temono che la mano forte di Saakashvili possa alla lunga minare i principi democratici che egli stesso ha inizialmente difeso non sembrano infondati. E il fatto che, durante la presentazione del libro, le domande del pubblico dovessero pervenire per iscritto e fossero filtrate dallo staff del Presidente, sebbene rimanga un piccolo dettaglio, non rassicura affatto in questo senso.