La crisi e i laureati. Resisti meglio se sei ingegnere

Pubblicato il 17 Marzo 2014 alle 13:44 Autore: Gianni Balduzzi

La crisi ha colpito duro, ma una cosa appare certa, non ha colpito in modo uguale. Le differenze non sono solo geografiche, ma passano anche per i titoli di studio raggiunti. Alcuni laureati hanno resistito meglio alla crisi, ma non tutti allo stesso modo, tutt’altro.

Almalaurea ha effettuato ogni anno dal 2007 uno studio sulle condizioni economiche e lavorative dei laureati in tutte le discoline a 1 anno. 3 anni e 5 anni dal conseguimento della laurea. Scegliendo di esaminare le condizioni a 5 anni nel 2008 e nel 2013 si possono fare analisi interessanti su quello che è accaduto in questi 5 anni di crisi economica.

Innanzitutto il tasso di occupazione:

A 5 anni dalla laurea la grande maggioranza dei laureati lavora, contro una media italiana del 55% si va dal 73% di chi è laureato in una area letteraria al 96% di chi lo è in ingegneria.

Rispetto al 2008, con la crisi crescente, vi è un calo generalizzato ma non uniforme: se a livello nazionale è stato di circa il 3% (dal 58,5% al 55,5% circa), per alcune discipline come quelle letterarie, l’educazione fisica, la psicologia, abbiamo cali anche del 9%, pur rimanendo su valori alti, per intenderci anche superiori a quelli dell’occupazione del segmento 25-34 anni, che è quello di riferimento. D’altra parte abbiamo un calo minimo del 1,8% nell’occupazione degli ingegneri e addirittura un aumento di quella dei laureati in materie economiche e statistiche che rimane sopra il 92%.

E ovvio che il calo di occupazione degli ultimi 5 anni a livello nazionale è dovuto principalmente, quindi, al calo dell’occupazione di giovani laureati in materie poco richieste, forse alla pari o più che al numero di persone che hanno perso il lavoro in altre fasce d’età, del resto l’occupazione sopra il 55 anni è addirittura in netto aumento.

Passando alla disoccupazione, anche qui le differenze per disciplina sono rilevanti e tuttavia in media a parte che per le discipline letterarie, il tasso di disoccupazione è sotto la media nazionale in buona pare dei casi, e attorno alla media per i laureati in giurisprudenza o psicologia. Vediamo di seguito:

In ogni caso una sconfitta visto che solo un 30% di 30enni è laureato, un 10-15% in meno della media europea e in generale i costi dell’istruzione universitaria normalmente dovrebbero essere un investimento per una disoccupazione minore.

In materie come lettere, psicologia o giurisprudenza, l’unico elemento sotto la media che si riscontra è l’inattività, il numero di chi non cerca lavoro dopo la laurea, magra consolazione.

Vediamo di seguito quanto è aumentata la disccupazione nei laureati in varie discipline:

E sono proprio le discipline appena nominate, assieme all’educazione fisica, quelle ad aver visto performances peggiori, anche superiori alla media nazionale, mentre nel caso di ingegneria ed economia, ma a sorpresa anche l’insegnamento, la maggiore disoccupazione è stata trascurabile, e il valore totale si mantiene entro il 5% o meno.

Alla luce di questi valori purtroppo risulta ancora più urgente un discorso di valorizzazione di quelle discipline che possono offrire più lavoro poichè colpisce il fatto che le differenze maggiori non sono tra 2008 e 2013 ma tra laureati in ingegneria informatica e in lettere per esempio, e non basta, come sarebbe giusto fare, mettere finalmente a tacere i rimasugli elitisti di filosofia gentiliana sulla supremazia dell’umanesimo, ma anche riformare le scuole perchè introducendo più matematica e informatica indirizzino meglio alla scelta universitaria.

 

 

 

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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