Avete presente quelle partite di calcetto organizzate all’ultimo secondo, dove chi si preoccupa di reclutare i giocatori si ritrova a chiamare chiunque pur di giocare e per non fare brutta figura, magari convocando persone che mai aveva chiamato prima e garantendo loro una successiva richiamata (che, di solito, non si verificherà mai)?
Ecco, questa è – più o meno – la situazione che si è delineata nell’ultimo mese a Firenze in vista delle prossime primarie del Partito Democratico (si terranno domenica 23 marzo) per la scelta del candidato sindaco alla guida della coalizione di centrosinistra-destra (vista la presenza in coalizionedi una lista civica con fuoriusciti di Alleanza Nazionale, con tanto di passaggio da Pdl ed Udc, dal nome “Noi con Renzi”, ora probabilmente ribattezzata “Noi con Nardella”).
Un voto popolare necessario per cercare di staccare dalla fronte del prossimo – salvo imprevisti – sindaco di Firenze, Dario Nardella, l’etichetta di “clone” dell’attuale Presidente del Consiglio, fuggito 50 giorni orsono dalla poltrona del “lavoro più bello del mondo” (ipse dixit nel 2009). Una missione non facile per cui è stata predisposta una rapida “guerra dei cloni”, di startrekkiana memoria, a cui sono stati invitati i “Jedi” Alessandro Lo Presti e Iacopo Ghelli, in rappresentanza di minoranze non meglio definite, comunque identificabili in quella ‘sinistra pd’ civatiana o post-mariniana.
Al momento quella di domenica 23 marzo pare essere una non competizione che cerca una legittimazione attraverso un numero di votanti quantomeno decoroso, visto che il “popolo delle primarie in una gara senza sorprese potrebbe astenersi dai gazebo democratici. La partecipazione che ha caratterizzato invece il voto di due settimane fa, quando nel turno “regolare” di primarie del centrosinistra in Toscana – tralasciando la decina, o poco meno, di comuni andati a candidati esterni al Pd – la lotta tra l’ala sinistra ed i renziani ha visto un sostanziale pareggio. Un risultato arrivato a tre mesi dalle consultazioni dell’8 dicembre, che aveva visto vincere in Toscana i renziani con un rapporto devastante di 8 a 2.
Ma la ‘partita’ per la successione di Firenze è differente per troppi ed evidenti motivi.