Uscire dall’euro è una follia? Nient’affatto, secondo Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord: casomai, quella è “l’uscita di sicurezza” dalla crisi e dal debito. L’abbandono di questo modello di moneta unica per lui è un momento essenziale per il rilancio, assieme a un lavoro serio per cancellare la riforma Fornero (“Un massacro, raccoglieremo le firme per un referendum“) e per cambiare la struttura dello Stato, a partire dalla macroregione costruita “nei fatti” tra Piemonte, Lombardia e Veneto.
E ben venga, secondo Salvini, il referendum per l’indipendenza dell’ex Serenissima: è pur sempre meglio del disegno accentratore e spendereccio del governo di Matteo Renzi. I suoi pregi? “Gli piace il calcio ed è simpatico, ma in questa crisi non c’è spazio per le battute”. Parliamo con il segretario della Lega tra un’intervista e l’altra, senza trascurare vicende di casa nostra (l’integrazione e l’ex ministra Kyenge) e di fuori casa (la Crimea).
Onorevole Salvini, siamo vicini alle elezioni europee e lei si è espresso più volte per il concetto “fuori dall’euro”. Qual è dunque la strada da seguire?
Innanzitutto noi prendiamo atto del fatto che l’euro è morto, è finito, è stato “un’idea orribile” per usare le parole di Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia tra l’altro. Come Lega ci stiamo facendo carico di indicare agli italiani l’uscita di sicurezza: solo chi è ingenuo o in malafede può ancora dare credito all’euro. Preso atto che è una moneta fallimentare, che ha portato l’Italia e tre quarti dell’Europa a livelli di disoccupazione, di fame e debito di quarant’anni fa, bisogna preparare il “dopo”. Il “dopo” può essere o una differenziazione dell’euro sulla base di aree omogenee, o anche il ritorno alle monete nazionali, alla sovranità monetaria: nessun popolo che non controlla la moneta è totalmente libero. Fortunatamente ci son fior di economisti e professori che ci stanno accompagnando in questo cammino; purtroppo in Italia siamo soli o quasi a sostenere questa battaglia, a livello europeo invece siamo in tanti, fortunatamente.
C’è qualcosa da salvare dell’Europa?
Mah, l’idea iniziale… quella di euro, di Europa senza frontiere, senza steccati, l’Europa dell’Erasmus, degli scambi, della contaminazione. Però questa idea di un’Europa pacifica l’euro la sta massacrando: l’Europa rischia di tornare alla guerra per colpa dell’euro. L’idea di un’Europa senza steccati c’è; qualcosina di buono l’Europa lo fa, ma non fa quello che dovrebbe. Difendere i confini, ad esempio: sul problema immigrazione siamo lasciati completamente da soli. Su alcuni temi – penso all’agricoltura, alla pesca, al commercio – ci stanno massacrando nel nome del mercato e dell’importazione di prodotti dalla Cina, dalla Turchia, dall’India… L’Europa che partì come speranza è l’Europa cui vogliamo tornare; l’Europa economica si è rivelata un disastro.
Parlava di confini: in questo momento non lontano dal limite est c’è la situazione esplosiva della Crimea. Lei che idea si è fatto?
Bisogna far scegliere i cittadini. L’Ucraina ha da sempre due anime: una più occidentale e una più russa, quindi tenere insieme popoli, culture, lingue e religioni così diverse alla lunga è difficile. Bisogna lasciare che i cittadini scelgano liberamente, pacificamente, democraticamente con chi vogliono stare. Mi sembra che la Crimea abbia votato: non prenderne atto sarebbe molto pericoloso.
Lo avrebbe accettato anche Putin su aree ora parte della Russia?
Quando la gente sceglie, è giusto che scelga: l’autodeterminazione è un principio sacrosanto, la scelta dei cittadini… non la colonizzazione. Se pensiamo al Kosovo o alla Serbia… la gente dev’essere lasciata libera di scegliere sempre e comunque. Se in Veneto stanno raccogliendo centinaia di migliaia di firme per un referendum per l’indipendenza, se in Spagna si voterà per l’indipendenza della Catalogna, la gente dev’essere lasciata libera di esprimersi.
Ha citato il caso del Veneto: quella del referendum per la secessione secondo lei è la strada da seguire, magari replicabile?
Il dato di fatto economico, al di là degli aspetti culturali – ricordi che la Repubblica Serenissima Veneta ha molti più anni alle spalle della Repubblica italiana – è che il Veneto ogni anno paga venti miliardi di euro in più rispetto a quello che riceve indietro dallo Stato italiano. In un momento di crisi, è un lusso che probabilmente artigiani, disoccupati, pensionati e imprenditori veneti non sono più in grado di sostenere. Un conto è uno stato equo che tassa tutti alla stessa maniera, un conto è uno stato che tassa alcune regioni del Nord il triplo rispetto al resto del paese. L’indipendenza quindi mi sembra una reazione legittima e di legittima difesa.
In questo periodo si sta discutendo della riforma del Senato: l’idea che la seconda Camera non sia più elettiva ma vi siedano i rappresentanti di regioni ed enti locali somiglierebbe un po’ al modello che avevate immaginato. Forse non sareste contrari a questo disegno: c’è qualcosa di buono?
Se ci avviciniamo a un processo federale, in cui non ci sono due Camere che fanno le stesse cose, ma una delle due esprime i territori, le autonomie e le regioni, ben venga. Il problema è che la riforma costituzionale di cui sta parlando Renzi è esattamente l’opposto: vuole riaccentrare, togliendole alle regioni, quasi tutte le competenze, riportando a Roma i tre quarti delle competenze che tutta l’Europa lascia gestire ai territori. È l’esatto contrario di un processo di autonomia, federalismo e responsabilizzazione dei territori. Avere un Senato federale sarebbe cosa buona, la Lega lo propone da quindici anni, quindi la sinistra ci arriva con molto ritardo, ma meglio tardi che mai; il problema è che vogliono riaccentrare una serie di competenze che le regioni – per lo meno quelle del Nord – sono in grado oggi di gestire assolutamente bene.
Sarebbe un togliere con una mano e restituire qualcosa di meno con l’altra?
No, sarebbe togliere tutto: qui c’è un’ipotesi di smantellamento, di svuotamento di comuni e regioni. La stessa abolizione delle province, così come è disegnata, è una castroneria, perché costa di più invece che costare di meno: si spende di più, complicando la vita dei cittadini. Un conto è semplificare e risparmiare, un conto è incasinare e spendere di più. La cosiddetta “cancellazione” delle province, con l’invenzione delle città metropolitane, sarebbe un autogol clamoroso.
Grillo qualche settimana fa aveva parlato di una possibile “macroregione”, con vostro intervento conseguente. C’è qualche punto di tangenza, qualche disegno che i vostri gruppi potrebbero portare avanti assieme?
La Lega, come dicevo, ci lavora da quindici anni. La macroregione del Nord noi la stiamo costruendo sui fatti, tra Piemonte, Lombardia e Veneto, sul turismo, sull’agricoltura, sui treni, sulle infrastrutture. Il problema di Grillo è che un giorno dice una cosa, il giorno dopo ne fa un’altra. Tuonava contro l’immigrazione, poi in Parlamento il M5S è riuscito a cancellare il reato di immigrazione clandestina, cosa che nemmeno la sinistra era riuscita a fare. Non vorrei che la macroregione di Grillo durasse un quarto d’ora: detto questo, sulle buone idee noi collaboriamo con chiunque.
Quindi paradossalmente per lei la macroregione di Grillo potrebbe essere già finita?
Boh, vediamo, vediamo nei fatti: siccome Grillo parlava di autonomia e indipendenza, vedremo se sosterrà il referendum per l’indipendenza del Veneto, se sosterrà la richiesta di una Lombardia a statuto speciale. Uno alle parole deve far seguire i fatti.
L’ex ministra per l’integrazione Kyenge ha detto in questi giorni di ricevere ora più insulti di quando aveva quel ruolo ufficiale. Il fatto che lei non sieda più su quella poltrona immagino non le dispiaccia…
Ha ragione la Lega: noi per un anno avevamo detto che era un ministero inutile e un ministro inutile, per un anno ci hanno accusato di dirlo perché eravamo razzisti. E’ arrivato Renzi, dello stesso partito della Kyenge, a eliminare ministro e ministero. L’integrazione si fa sul territorio faticando, sudando e conoscendo, non per decreto o per ministero. Che la Kyenge non sia più ministro è una buona notizia; che lo sia stata per un anno, facendo tanti danni, è una cattiva notizia.
Quale potrebbe essere allora un buon esempio di integrazione?
Le due città italiane che integrano meglio, secondo i dati della Bocconi, guarda caso sono Verona e Varese, che hanno due sindaci della Lega. Io non credo alle coincidenze: il rispetto delle regole e per gli immigrati regolari – quelli clandestini sono un’altra cosa – è il miglior modo per integrarsi, il non vergognarsi della nostra tradizione, della nostra religione, accogliendo chi è qua per portare qualcosa alla comunità. In quelle due città abbiamo due sindaci che governano da anni: evidentemente l’integrazione noi la facciamo silenziosamente, nei fatti.
Sono passati vent’anni da quando la Lega è arrivata per la prima volta al governo assieme a Silvio Berlusconi. Rispetto ad allora, lui non è più in Parlamento, sono cambiate un po’ di cose e di persone. A distanza di vent’anni, come vede quell’esperienza?
Provare a cambiare le cose andando al governo era doveroso: io rifarei tutto. Abbiamo salvato per due volte le pensioni da due riforme massacro: il primo governo Berlusconi cadde perché la Lega bloccò una riforma folle delle pensioni; a completare il massacro è arrivato Monti con la legge Fornero – e noi dal 29 marzo proveremo a raccogliere 500mila firme per cancellare per referendum quella riforma. Poi penso alla legge sull’immigrazione che ha limitato per lo meno l’invasione, Maroni ministro dell’interno che ha combattuto la mafia con risultati storici, Zaia ministro dell’agricoltura che ha rilanciato un settore in ginocchio. Insieme a tanti errori che – per carità – abbiamo fatto, io rifarei tutto da capo.
Che accordi sono possibili ora con Forza Italia, mentre Berlusconi è temporaneamente fuori gioco?
Sono passati vent’anni, non so quante siano le energie rimaste a Berlusconi; a noi della Lega non mancano. A livello nazionale l’accordo con Forza Italia e il centrodestra ha portato sicuramente di meno rispetto a quello che avremmo voluto e potuto portare a casa. L’accordo funziona a livello locale in tanti comuni, in Lombardia, in Veneto… a livello nazionale dovremmo ripensarci bene: a livello europeo, per dire, Forza Italia è a favore dell’euro, quindi questo è un discrimine assolutamente fondamentale, chi è a favore dell’euro è contro l’Italia e contro la Lega, dal nostro punto di vista.
Un briciolo di anima di sinistra nella Lega secondo lei c’è?
Sì, alcune tutele… là dove governiamo facciamo delle scelte di sinistra, pensi allo stop ai centri commerciali e al consumo del territorio, alla difesa delle piccole e medie aziende; passiamo la metà delle nostre giornate a incontrare operai di fabbriche in difficoltà. Invece la sinistra a la Renzi mi sembra molto più vicina agli interessi delle banche, della finanzia, delle multinazionali. I valori di una certa sinistra storica li vedo assolutamente tutelati dalla Lega.
Il Carroccio come vera sinistra, dunque?
Ma no… sopra, né di sinistra né di destra. Ormai sono ragionamenti vecchi. La difesa del lavoro non è di destra né di sinistra, ma passa attraverso una ridiscussione dell’Europa e dell’euro, dal mio punto di vista gli amici dell’euro sono nemici del lavoro. Come dicevo siamo praticamente soli in Italia ad affrontare questa battaglia, che non è di sinistra o di destra, ma è di buon senso.
Chi si merita una pedata a tutti gli effetti?
I disastri fatti dal governo Monti… la signora Fornero. La riforma di quella signora lì che poi era piagnucolante è stata un massacro. Incontro quotidianamente persone rovinate, che andranno in pensione tra cinque anni, esodate, senza lavoro né pensione… penso che la signora Fornero abbia sulla coscienza milioni di persone e dovrebbe andare a vivere altrove, per quanto mi riguarda.
Una qualità di Renzi, secondo lei?
Mah, gli piace il calcio…
L’unica qualità a questo punto?
Ma no, è simpatico, ma in un momento di crisi economica come questo non bastano le battute. La missione a Berlino dalla Merkel è stata frustrante, mi sono vergognato: è andato là con tanti buoni propositi, è tornato a casa a cuccia, “non tocchiamo il debito, il deficit, l’euro”… è stato veramente vergognoso.
Di battute vi sono bastate quelle di un’altra persona in passato?
Vede, la simpatia è un valore aggiunto se accostata alla competenza. La simpatia fine a se stessa ti fa prendere il voto una volta, ma dopo è molto pericolosa. Io ritengo che Renzi sia persino più pericoloso di Monti, per quanto abbiamo capito di quello che vuole fare.