Squinzi-Camusso, Renzi-Landini: Le due “Strane Coppie” della politica italiana
Matteo Renzi, nella sua intervista domenicale a “Il Messaggero”, ha parlato di Giorgio Squinzi e di Susanna Camusso come di una “Strana Coppia”. Il tutto a causa delle critiche dei due alle misure economiche del governo Renzi che, oltre a tutelare i lavoratori con almeno 25.000 euro all’anno di stipendio, taglia del 10% l’Irap alle imprese.
Il rapporto con le parti sociali, soprattutto dalle parti confindustriali, è stato fatale per il governo Letta e oggi come oggi pone interrogativi sull’approccio che il neopremier intende stabilire soprattutto col fronte sindacale.
Nella sua intervista a “In ½ Ora” di Lucia Annunziata, l’ex segretario del Pd e della Cgil Guglielmo Epifani ha dichiarato che bisogna lasciar lavorare Renzi e che apparirebbe affrettato dar giudizi sul suo approccio alla concertazione. Al tempo stesso ha parlato del governo Berlusconi come di un esecutivo dall’approccio “singolare” nei confronti dei sindacato.
A dire il vero ad apparire “singolare” è il giudizio quanto mai tranchant di un vero protagonista di quella fase (lo stesso Epifani) nei confronti di una politica che contribuito a cambiare radicalmente l’impostazione delle trattative governo-parti sociali negli ultimi anni.
Se infatti, la vicenda Sacconi insegna, l’obiettivo dichiarato del governo Berlusconi era quello di dividere scientificamente il fronte sindacale, da parte di Renzi sembra emerga la volontà di ignorarlo del tutto.
Secondo il segretario del Pd queste grandi organizzazioni, di imprese e di lavoratori, non sono rappresentative della realtà “fluida” e “dinamica” della società italiana. Di conseguenza il governo governa. Se poi i sindacati o gli industriali apprezzano tanto meglio.
Da questo punto di vista, anche se la cosa può apparire come un atto d’infamia, forse il precedente più vicino a quello di questo primo mese di governo Renzi è quello dell’esecutivo Monti: sindacati nella sostanza ignorati, ma formalmente considerati. In questi caso anche la forma è andata a farsi benedire.
In questo senso appare quanto mai interessante analizzare il curioso rapporto (a suo modo anche questa è una “strana coppia”) tra Renzi e il segretario Fiom Maurizio Landini.
Come spiegare questo dialogo tra i due se Renzi si muove in un’ottica in cui non trova le associazioni dei lavoratori particolarmente rappresentative? Una risposta è molto semplice: tattica. Anzi: “Nixon to China”.
Maurizio Landini, proprio in quanto leader di una categoria interna al più grande sindacato italiano, è portatore di un messaggio “specifico”: la tutela dei metalmeccanici. La Camusso invece è portatore di un messaggio che, seppur conservatore, assume i toni dell’”universalità”. Tutto fa brodo per pensionati, insegnanti e dipendenti del pubblico impiego.
Scegliendo Landini come suo interlocutore su certi argomenti, Renzi evidenzia le contraddizioni interne al sindacato e il messaggio scarsamente efficace che la Camusso intende portare avanti. Ma soprattutto scavalca un avversario scegliendo tutt’altri interlocutori.
Come Nixon che nel 1972 volò nella Repubblica Popolare Cinese non per allearsi, ma per scavalcare i sovietici, Renzi scavalca la Camusso scegliendo Landini come suo unico interlocutore. Nonostante (anzi: proprio per questo) la distanza siderale tra i due.
Se Nixon e Mao Tse-Tung firmarono un trattato che confermava le rispettive differenze tra i due paesi (mossa apparentemente inutile, ma in grado di legittimare Pechino e di metterla sullo stesso piano di quella Washington che ancora si ostinava a riconoscere solo la Repubblica di Taipei) a Renzi è bastato partecipare ad una mostra fiorentina sulla Fiom e prendersi un paio di caffè con Landini per isolare quello che potenzialmente potrebbe essere il principale oppositore di un governo considerato troppo riformista.