Settant’anni fa, il 24 marzo 1944, 335 tra ebrei, militari, carcerati, malati, minorenni, civili e detenuti politici venivano fucilati dalle truppe naziste. A ordinare il massacro fu il tenente colonnello delle SS Herbert Kappler. È l’eccidio delle Fosse Ardeatine, “un ricordo terribile e incancellabile” per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che stamattina ha aperto la cerimonia di commemorazione deponendo una corona d’alloro presso il sacrario delle Fosse Ardeatine.
Insieme a Napolitano hanno preso parte al 70° anniversario dell’eccidio nazista il presidente del Senato Pietro Grasso, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il sindaco di Roma Ignazio Marino, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il presidente della Fondazione museo della Shoah Leone Paserman, il presidente dell’Associazione nazionale famiglie italiane martiri Rosetta Stame e il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici.
Aladino Lombardi, segretario generale Anfim, ha letto l’elenco delle 335 vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Un elenco che va da Ferdinando Agnini ad Augusto Zironi. Nove delle vittime restano tutt’oggi senza un nome.
Il massacro delle fosse Ardeatine è l’episodio più violento vissuto da Roma nel corso dei mesi di occupazione nazista durante la Seconda guerra mondiale. A ordinare lo sterminio fu il tenente colonnello Kappler, come rappresaglia per l’attentato organizzato dai Gap romani che in via Rasella aveva provocato la morte di 33 soldati del regimento ‘Bozen’. I cadaveri furono gettati nelle cave di pozzolana nei pressi di via Ardeatina. Alla fine della guerra, il comune di Roma bandì un concorso per trasformare il luogo del massacro in un sacrario per il ricordo delle vittime. Il monumento fu inaugurato il 24 marzo 1949.
“Dobbiamo ricordare quello che abbiamo vissuto” ha dichiarato il presidente Napolitano, “non si può giocare con queste posizioni che tendono a screditare il nostro patrimonio di lotta per la libertà. Bisogna sempre saper ricordare che la pace non è un regalo o addirittura un dato scontato e per quel che riguarda il nostro e gli altri Paesi europei è una conquista dovuta a quella unità europea, a quel progetto europeo che oggi troppo superficialmente, da varie parti, si cerca di screditare o di attaccare”.
A pianificare e realizzare l’eccidio fu il capitano delle SS Erich Priebke, condannato all’ergastolo e morto lo scorso undici ottobre. Le vittime furono 335 (cinque in più rispetto a quanto stabilito dallo Stato Maggiore tedesco), proprio per un errore di Priebke. La sentenza della Corte di Cassazione del 1998 ha stabilito che Priebke “preposto alla direzione dell’esecuzione e al controllo delle vittime, nella frenetica foga di effettuare l’esecuzione con la massima rapidità, non s’accorse che esse erano estranee alle liste fatte in precedenza”.
“Entrando qui, ascoltando quell’elenco interminabile di 335 nomi a cui ne mancano 9 ancora non identificati ho pensato ancora una volta che ho fatto bene a proibire le esequie pubbliche nell’autunno del 2013, a chi partecipò a questo tremendo indescrivibile massacro” ha dichiarato il sindaco di Roma Ignazio Marino.