Le elezioni europee si avvicinano e il dibattito sull’Europa entra nel vivo. Il vertice tra Renzi e la Merkel, le elezioni amministrative francesi, il referendum veneto sull’indipendenza, tutti i temi sembrano far riferimento alle elezioni del 25 maggio e all’idea di Europa che da queste uscirà prevalente.
L’austerity germano-centrica ha rappresentato, finora, l’orizzonte politico all’interno del quale le istituzioni europee hanno reagito alla crisi economico-finanziaria degli ultimi anni. I governi nazionali, pur con delle differenze, hanno rispettato questo paradigma e hanno dovuto affrontare aspre tensioni sociali interne a causa delle politiche di rigore e dei tagli alla spesa. La sinistra europea si è trovata impreparata di fronte all’emergenza della crisi. Ha accettato titubante la ricetta dell’austerità – elaborata e sostenuta soprattutto dai partiti popolari – senza elaborare una propria proposta politica alternativa.
In questo contesto, l’Europa ha perso ogni attrattività per i suoi cittadini. La fiducia nelle istituzioni di Bruxelles è crollata ai minimi storici, e il progetto dell’Europa unita è messo in discussione dai populismi di destra e dall’anti-europeismo. Quel progetto è stato “rapito”.
Di questo rapimento parla Andrea Scavo, ne “Il ratto di Europa. La battaglia globale della nuova sinistra europea”, appena uscito per la collana Saggi della Ediesse.
L’Europa ha tradito il progetto federale, il sogno degli Stati Uniti d’Europa. Si è ridotta ad una confederazione bancaria intenta ad applicare sterili ricette di stabilità monetaria, che stanno di fatto mortificando il tessuto produttivo e sociale europeo.
Secondo l’autore, la sinistra deve rivoluzionare questa impostazione, rimettendo al centro il lavoro. E salvando l’Europa da una competizione globale sfrenata, sregolata e sleale. Come si evince nella prefazione di Cesare Damiano, l’Europa non può partecipare alla corsa al ribasso dei diritti dei lavoratori. È su questa competizione selvaggia che fanno leva le grandi multinazionali: negli ultimi decenni le delocalizzazioni delle grandi aziende europee verso i paesi emergenti dell’Asia hanno bruciato milioni e milioni di posti di lavoro in Occidente. Perché il lavoro in quei paesi è malpagato e per nulla tutelato, quindi più conveniente per il grande capitale internazionale. In una parola, è un lavoro cui è stata tolta la dignità.
E la competizione globale, il dumping sociale, mettono sotto pressione l’Europa ormai da decenni: i salari si sono arrestati, i diritti e le tutele dei lavoratori sono finiti sul tavolo degli imputati, in un vortice che ha innescato la stagnazione dell’economia e – di conseguenza – l’insostenibilità del debito.
Il saggio non si limita a descrivere con perizia questa catena causale ma propone una soluzione, “offrendola” alla sinistra europea. Una “clausola sociale” che colleghi i diritti dei lavoratori al commercio internazionale e che condizioni l’accesso di ogni paese al mercato globale al rispetto delle norme minime sul diritto del lavoro definite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Senza la prospettiva di poter vendere i propri prodotti nel ricco Occidente – è la scommessa dell’autore – le economie emergenti si affretteranno ad adottare degli standard almeno minimi sul rispetto dei lavoratori. Ridando dignità ai propri lavoratori e liberandosi dalla “trappola del sottosviluppo”.
La sinistra europea deve cavalcare questo tema per fermare i populismi, definire un suo “messaggio” al passo con i tempi e salvare l’Europa dal “ratto”.
Il libro verrà presentato giovedì 27 marzo alle 18 presso la libreria Arion Montecitorio a Roma. L’autore ne discuterà con Cesare Damiano e Claudio Sardo.