Mira a mettere ordine e fare chiarezza nelle regole che governano – o dovrebbero governare – il trattamento dei dati personali di iscritti e semplici simpatizzanti – magari partecipanti alle c.d. “primarie” – da parte di partiti, movimenti e associazioni politiche, il provvedimento generale varato nei giorni scorsi dal Garante per la privacy e firmato “due volte” da Antonello Soro, nella duplice veste di Presidente della Authority e di relatore del provvedimento.
Una “doppia firma” che fa si che il provvedimento “trasudi” l’esperienza del politico navigato, capace di indagare dinamiche straordinariamente complesse nelle quali, molti spesso, nulla è che come appare.
Ma il provvedimento sembra costruito – e, d’altra parte l’ufficio del Garante ne da’ conto in modo trasparente nelle premesse – anche sulle tante contestazioni e polemiche che negli ultimi anni hanno spesso riguardato proprio episodi di trattamento di dati personali “allegri” nell’ambito di consultazioni politiche nazionali e di “primarie” di partito.
In un Paese come il nostro, sfortunatamente, in perenne campagna elettorale e nel quale piccole e grandi formazioni politiche, partiti, movimenti e associazioni rappresentano una massa magmatica ed inafferrabile in continua evoluzione, il provvedimento non può che essere salutato con favore anche a prescindere da ogni valutazione sul merito.
Servivano, infatti, ormai indiscutibilmente regole certe, chiarezza ed un po’ d’ordine.
Il Garante, nella sostanza, da una parte, semplifica la vita a partiti e movimenti politici in relazione ai trattamenti dei dati personali degli iscritti per finalità di carattere statutario e a chi voglia candidarsi per l’utilizzo – per finalità promozionali – dei dati provenienti da taluni elenchi pubblici [ndr, ad esempio le liste elettorali] e dall’altra parte fissa, però, limiti stringenti in relazione ad alcuni di questi trattamenti al fine di garantire ai cittadini trasparenza e prevedibilità nei trattamenti di dati personali che li riguardano e che riguardano profili “sensibili” della propria identità personale come, appunto, l’appartenenza a partiti politici e la partecipazione a consultazioni elettorali o elezioni “primarie”.
Partiti, movimenti politici, comitati di promotori e sostenitori e, naturalmente, singoli candidati avranno 120 giorni – sessanta prima delle consultazioni e 60 dopo – per trattare, senza bisogno di fornire agli interessati alcuna informativa i dati provenienti dalle liste elettorali detenute presso i comuni, dagli elenchi degli elettori italiani che votano all’estero per le elezioni del parlamento europeo, dalle liste aggiunte dei cittadini elettori di uno stato membro UE residenti in Italia e che intendano votare, per il Parlamento europeo, in Italia nonché dagli elenchi provvisori dei cittadini italiani residenti all’estero.
E’, invece, vietato l’utilizzo, per le stesse finalità di propaganda elettorale, dei dati provenienti da tutta una serie di soggetti pubblici e, evidentemente, nei fatti, troppo spesso utilizzati in campagna elettorale.
In questo senso, nel provvedimento, si dice no al trattamento dei dati provenienti dalle anagrafi della popolazione residente, no a quelli provenienti dagli archivi dello stato civile, no agli schedari dei cittadini residenti nelle circoscrizioni dei diversi uffici consolari italiani, no alle liste elettorali di sezione già utilizzate nei seggi e sulle quali sono annotati i dati relativi alla partecipazione dei cittadini alle consultazioni elettorali e no, egualmente ai dati, in qualsiasi forma, annotati da scrutatori e rappresentanti di lista nel corso delle consultazioni.
Ed il Garante per la privacy, dice egualmente no al trattamento dei dati ai dati raccolti dai soggetti pubblici nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, a quelli provenienti dagli elenchi di iscritti ad albi e collegi professionali, all’uso degli indirizzi di posta elettronica tratti dall’Indice nazionale degli indirizzi pec delle imprese e dei professionisti ed a quelli resi disponibili in adempimento degli obblighi di trasparenza che la legge pone a carico delle pubbliche amministrazioni.
“Non è parimenti consentito – sottolinea il Garante nel provvedimento – da parte di soggetti titolari di cariche pubbliche non elettive e, più in generale, di incarichi pubblici, l’utilizzo per finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica dei dati acquisiti nell’ambito dello svolgimento dei propri compiti istituzionali.”
Un’indicazione questa che, oltre a garantire maggiore tutela alla privacy dei cittadini, finisce anche con ristabilire un po’ di equilibrio nelle campagne elettorali tra i diversi candidati, limitando il rischio che chi già ricopre cariche pubbliche al momento delle consultazioni, “abusi” della propria posizione per sfruttare, per finalità di propaganda, dati dei quali ha una disponibilità privilegiata.
Ma l’elenco delle fonti pubbliche non utilizzabili per finalità di propaganda elettorale contiene i dati raccolti nell’esercizio di attività professionali, di impresa e di cura e, soprattutto, quelli provenienti dagli elenchi del telefono che non potranno essere in alcun caso utilizzati salvo consenso espresso dell’interessato neppure nell’ipotesi in cui quest’ultimo non abbia inserito il proprio numero di telefono nel c.d. registro delle opposizioni.
La pubblicità elettorale, secondo il Garante è, infatti, cosa diversa da quella per la quale, in via eccezionale, il legislatore ha autorizzato il trattamento dei dati personali in elenco salvo diniego espresso dell’abbonato.
Il Garante, egualmente, ricorda come non siano utilizzabili per finalità di propaganda elettorale i dati raccolti sul web, giacché “L’agevole reperibilità di dati personali in Internet (quali recapiti telefonici o indirizzi di posta elettronica) non autorizza il trattamento di tali dati per qualsiasi scopo, ma soltanto per le finalità sottese alla loro pubblicazione.”.
Molte le regole ulteriori imposte dal Garante che dovrebbero valere a responsabilizzare partiti, movimenti, associazioni politiche e candidati e comitati promotori di ogni genere di iniziative elettorali a trattare con maggior cautela i dati personali dei cittadini.
Non resta che attendere le prossime consultazioni elettorali o le prossime “primarie” per capire se e quanto il provvedimento del Garante supererà la prova dei fatti e riuscirà a governare l’ingordigia – in termini di dati personali – spesso registrata in simili occasioni.