Dopo la schiacciante vittoria dell’opzione “Sì, semo veneti e vogliam separarse dal’Italia che l’è ladrun li nostri sghei” al discusso referendum, il Veneto è finalmente una nazione indipendente da Roma. Le serie conseguenze non si sono fatte attendere, con decine di nuove richieste di autonomia da parte di popoli ed entità fino ad oggi sconosciute. Ecco qual’è la situazione attuale.
Primi provvedimenti – Dopo l’addio a “Fratelli d’Italia”, nel nuovo stato veneto è stato immediatamente ristabilito il vecchio inno della Repubblica di Venezia, ovvero “La me morosa vecia”, una canzonetta sconcia cantata anticamente dai gondolieri ubriachi; rottamata, invece, la vecchia bandiera, il leone giallo di San Marco su sfondo rosso, perché a detta di molti assomiglierebbe troppo al vessillo del Manchester United. Come nuovo presidente, che dovrebbe prendere il moderno nome di “Doge”, è stato nominato provvisoriamente Ugo Visin, noto zampognaro ubriacone di Cantongallo Veronese, e più prestigioso e colto membro del comitato che ha indotto il referendum.
Conseguenze – Banditi usi e tradizioni associati all’Italia, a partire dalla cucina: in Veneto, da ieri, si può mangiare solo brazadela e casiunzei, innaffiati da bicchieri di grappa. I cittadini veneti si sono già rotti i coglioni delle nuove misure, e così è subito partito il contrabbando di prodotti culinari italiani: alla frontiera con l’Italia è stato scoperto un veronese che tentava di intrufolarsi con le mutande piene di chicchi di caffè napoletano. Registrati anche atti di violenza e intolleranza: un elettricista di Mestre è stato malmenato dai vicini perché nel lavarsi cantava “O suldato ‘nnamurato” invece dell’unica canzonetta da doccia accettata dal nuovo regime, “Me compare Giacobon” (papabile nuovo inno).
Diplomazia al lavoro – Intanto il nuovo stato del Veneto è già stato riconosciuto da altre affascinanti entità statali di fantasia: la Corea del Nord, la Crimea, il Vaticano, le Repubbliche Marinare, il Siam, la Jacuzia e l’Antardide. Dopo gli iniziali tentennamenti i burocrati veneti, che pensavano ad uno scherzo della locale associazione degli “Amici del Risiko”, hanno concesso loro l’apertura delle ambasciate in piazza San Marco, a Venezia. Allagate immediatamete dall’alta marea.
Nuovi stati – Dopo il Veneto e la Padania, entrambe entità di pura fantasia, negli ultimi tre giorni sono arrivate a Roma decine di richieste di indipendenza da parte di popoli e nazioni fino ad allora sconosciuti ai più: i lucchesi della Lunigiana, la comunità elfica della Val di Non, i valdesi della Ciociaria. Perfino l’”Associazione automobilisti fermi sulla Salerno-Reggio Calabria” ha avanzato richieste di indipendenza: “Siamo incolonnati qui da anni – spiegano – i nostri figli sono cresciuti su questo lungo lembo d’asfalto, tra cantieri e camorristi. Siamo un popolo anche noi, vogliamo essere indipendenti”.
La Signora Rosa – Il regionalismo imperante sta portando a esagerazioni di ogni sorta. L’ultimo caso è quello della signora Rosa Buscemi, una pensionata di 75 anni di Busto Arstizio. Venerdì scorso l’anziana ha dichiarato l’indipendenza del proprio pianerottolo dal resto del condominio, issando nella tromba delle scale il proprio vessillo, caratterizzato da un mattarello ed un mestolo incrociati su di uno sfondo blu. La decisione della donna sembra sia stata motivata dal fatto che i Lima Gomez, famiglia peruviana di 65 persone che abita al primo piano, la domenica cucina il capibara lesso, impregnandole di cattivi odori i panni stesi. La signora ha così deciso per ripicca di dichiarare il proprio pianerottolo indipendente. Riconosciuto immediatamente dal nuovo Stato del Veneto Est (divisosi di recente dal vecchio stato del Veneto), è già stato organizzato un meeting tra i due primi ministri.