Pochi anni fa nel mezzo della crisi economica c’era stato un piccolo riflusso, un ritorno alle iscrizioni agli istituti tecnici e alle scuole professionali, tra l’altro in connessione al ben più consistente calo di iscrizioni all’università, ma i recentissimi dati del MIUR (Ministeri della Pubblica Istruzione e Ricerca) confermano che si trattava di un evento passeggero.
I 14enni italiani e soprattutto le loro famiglie sono sempre più infatuati dai licei. In particolare quello scientifico.
Per la prima volta nella storia i licei hanno superato quota 50% come possiamo vedere nel grafico sotto:
Vi è da sottolineare che un contributo l’ha portato l’allargamento dell’offerta della riforma Gelmini, che ha creato i licei di scienze umane, quelli internazionali, musicali, ecc, che incontrano il favore delle famiglie e degli studenti perchè associano la presenza di materie nuove talvolta all’assenza del latino (vera e propria bestia nera per la scelta della scuola), però con l’accezione di liceo invece del classico “istituto”.
Così vediamo l’andamento della scelta all’interno della categoria liceo:
Il liceo classico segna il maggiore calo sul 6%, permane come scelta “d’elite”, i nuovi liceali preferiscono soluzioni come il liceo linguistico, che sfiora il 9% in netta ascesa, ma soprattutto lo scientifico che da solo raggiunge il 23% di tutte le scelte, forte anche delle variazioni che si possono incontrare all’interno della categoria, della crescente importanza data a tecnologie e lingue.
Gli istuti tecnici ritornano in calo dopo una salita nel 2012, rimanendo però sopra il 30% e soprattutto in difficoltà sono gli istituti professionali, che vanno al 19% dal 21,6% del 2012.
I cambiamenti possono sembrare di poco significato, ma la tendenza ad accumularsi negli anni crea trend che diventano importanti nei decenni cambiando il volto delle nuove generazioni, basti pensare solo al fatto che nel 2004/2005 i liceali iscritti al primo anno delle superiori erano 42 su cento e solo sette anni prima, nel 1997/1998, coloro che dopo le medie sceglievano il liceo erano ancora meno, il 38 su cento.
Questo ci dice molto su come cambia anche l’economia e la visione di questa tra le famiglie, certamente non si tratta solo di desiderio di avanzamento sociale, fenomeno naturale dal dopoguerra che porta a desisderare per i figli una istruzione migliore della propria, ma anche sfiducia nella possibilità che il tessuto produttivo possa offrire possibilità di impiego immediato dopo le superiori senza accedere all’università.
Che ci sia un legame tra l’iscrizione agli istituti tecnici e rofessionali e il tessuto produttivo è dimostrato dai dati delle iscrizioni per regione, qui ordinati in base all’iscrizione al liceo :
Se la regione con più liceali senza sorprese è il Lazio, grazie a quella gigantesca centrale di servizi e impieghi statali che è Roma, se osserviamo bene la proporzione di iscrizioni a tecnici e professionali vediamo in testa Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Emilia Romagna, che pur trasversali da un punto di vista politico, hanno in comune la grande diffusione di piccole e media imprese e artigianato, ancora più della Lombardia, comunque in alto in questa classifica, o del Piemonte, entrambi patria più della grande impresa che della piccola. Ed è proprio la piccola e media impresa, e sono queste regioni, del Nord-Est o dell’adriatico, quelle che hanno sofferto maggiormente la recessione e la perdita di produzione industriale.
Non stupisce che essendoci un legame tale tra economia e scuola, vi sia anche una rinuncia all’istruzione tecnica quando non sembri più molto spendibile, oltre che socialmente poco desiderabile.
E’ uno dei punti su cui l’attuale e i futuri governi dovranno lavorare, che ci tiene indietro rispetto a Germania o Nord Europa, dove l’istruzione tecnica non solo non viene valutata meno onorevole, ma è molto presente, conduce anche all’istruzione universitaria ed è tenuta in seria considerazione dalle imprese.