Dal prossimo primo aprile i compensi dei manager delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dal Tesoro, saranno soggetti immediatamente al tetto definito in base allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione, cioè 311mila euro circa nel 2014. Lo specifica in una nota il Tesoro, ricordando che i limiti non riguardano le società Enel, Eni, Finmeccanica, le cui azioni sono quotate in Borsa, né Ferrovie, Cdp e Poste. Queste ultime sono infatti emittenti di titoli negoziati sui mercati regolamentati.
In particolare, il decreto 166 del Ministero dell’Economia che entra in piena applicazione stabilisce un principio di proporzionalità che lega gli assegni dei manager alla complessità del loro lavoro, sulla base di precisi parametri che riguardano il valore della produzione, gli investimenti e il numero dei dipendenti delle società che gestiscono. Per ciascuna fascia è stato quindi fissato un limite retributivo per il trattamento economico degli amministratori.
“Il limite calcolato” con questo metodo proporzionale, spiega ancora il Mef, “si applica all’amministratore delegato, per il conferimento di deleghe operative da parte del consiglio di amministrazione. Per il presidente cui siano state conferite deleghe che accompagnano quelle conferite all’amministratore delegato può essere deliberato un compenso pari al massimo al 30% di quello deliberato per quest’ultimo.