Cosa c’è dietro lo scontro Madia-Giannini sui pensionamenti nella PA?

Pubblicato il 30 Marzo 2014 alle 11:55 Autore: Livio Ricciardelli

I colpi di fioretto tra le ministre Marianna Madia e Stefania Giannini in merito ai prepensionamenti nella Pubblica Amministrazione sembrano la classica querelle del fine settimana, destinata a ritagliarsi lo stesso spazio che hanno le inascoltabili telefonate berlusconiane in qualche sperduto club “Forza Silvio” nel bresciano. In realtà la polemica nasconde un conflitto da non sottovalutare legato al tema della volontà politica del governo Renzi e alla necessità da parte del paese di mantenere una linea “contuinista” su alcuni asset strategici di tipo economico e sociale.

Marianna Madia, da giovane ministro della Pubblica Amministrazione e dell’Innovazione Tecnologica, vede legittimamente come sua priorità quella di contrastare la piaga della disoccupazione giovanile. Del resto il 42.2% di ragazzi tra i 15 e i 24 anni senza lavoro è l’aspetto più preoccupante legato al nostro paese sul fronte occupazionale (solo Grecia e Spagna fanno peggio di noi).

La stessa disoccupazione “assoluta” al 12.9% rappresenta un dato oltre la media sia come Europa a 28 sia come Eurozona, ma non assume i connotati della drammaticità che hanno i dati legati al lavoro dei giovani. Da qui la proposta della titolare del dipartimento di Corso Vittorio Emanuele, di pensionare anticipatamente un certo numero di dipendenti della PA per assumere al loro posto giovani generazioni.

Stefania Giannini invece è del parere opposto: anche lei a suo modo si occupa di “giovani” (ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) ma invita la Madia a non “demonizzare” chi giovane non è. Per la titolare di Viale Trastevere il quadro non può essere armonico se si ragiona in un’ottica in cui per lasciar spazio ai giovani tocca pensionare i meno giovani.

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Il tema politico però è di tutt’altro livello: Stefania Giannini è la segretaria nazionale di ciò che resta di Scelta Civica. Di conseguenza all’interno del Parlamento è tra quelle che registra il più elevato tasso di “montismo”. Nella controversa e tanto dibattuta riforma Fornero, per quanto riguarda i suoi aspetti legati alla previdenza sociale, il principio base era quello di aumentare l’età pensionabile partendo dal presupposto che l’età media nel nostro paese gradualmente stava aumentando. Da qui il passaggio da un sistema di tipo retributivo ad un sistema di tipo contributivo puro.

Tra le critiche a questa riforma c’era il tema legato alle giovani generazioni: se le persone vanno in pensione più tardi nel pubblico impiego si registrerà un tasso di turn-over inferiore e ciò renderà per i giovani ancora più inaccessibili i portoni della Pubblica Amministrazione. Da questa criticità nasce lo spirito che spinge la Madia a proporre dei pre-pensionamenti. Anche al costo di un innalzamento della spesa pubblica e di tutto ciò che ne consegue (rapporto debito/Prodotto Interno Lordo in primis).

La polemica dunque vede contrapposta la Madia che fa una proposta politica e la Giannini che, pur sforzandosi di proporre un modello di società alternativo e dunque a suo modo politico, segnala come non sia un bel segnale per il paese cambiare eccessivamente segno (o “verso”?) alle politiche pubbliche più importanti ad ogni cambio di governo. La proposta della Madia in questo senso andrebbe scartata, ancor prima dei problemi di bilancio dello stato, perché troppo discontinua nei confronti di un approccio che sembrava maggioritario fino a qualche mese fa.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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