Il Qatar investe in Africa: arte e cultura al servizio della politica
E’ una iniziativa encomiabile ma è anche rivelatrice di come vanno le cose in questi tempi di grandi mutamenti che si ripercuotono anche in Africa.
La notizia è la seguente: il Qatar ha finanziato una importante iniziativa culturale in Sudan, cioè un mega programma di restauro e di valorizzazione dei tesori archeologici nel sito di Meroe, antica città sulla riva orientale del Nilo classificata dall’Unesco patrimonio mondiale dell’Umanità in cui ci sono i resti di oltre 200 piramidi. Piccole ma molto importanti dal punto di vista artistico, storico e archeologico.
L’investimento è di ben 135 milioni di dollari e sono il più grande investimento di sempre per le antichità sudanesi. Si tratta di 29 programmi di recupero che dovrebbero essere finanziati per cinque anni e alla fine portare alla luce e rendere fruibili i misteri e le bellezze dell’antica Nubia e in particolare di Kush, una civiltà che si sviluppò tra l’ottocento e il duecento avanti Cristo.
La notizia non può che fare piacere. In tempi di crisi, quando nessuno ha fondi da dedicare alla cultura e all’arte c’è un paese che investe in questi settori.
La riflessione che si impone è che un tempo investimenti di questo tipo erano fatti dall’Europa o dagli Stati Uniti. Oggi invece è il Qatar, paese che non finanzia solo la cultura ma anche movimenti e mutamenti in corso nel Maghreb, nel Medio Oriente, in Africa. Non è un mistero per nessuno il ruolo che questo emirato ha avuto nelle cosiddette rivolte arabe e nella guerra civile siriana.
Non c’è niente di male (o, meglio, sappiamo che la politica va così) nel fatto che un paese finanzi la propria influenza nel mondo con investimenti anche in settori sensibilmente diversi dalla politica e dall’economia. Del resto l’Occidente, l’Europa, gli Stati Uniti lo hanno fatto e lo fanno da sempre.
Però bisogna esserne consapevoli. Questo mega investimento nel recupero della civiltà di Kush, per esempio, mette in moto una serie di deduzioni che non sono prove, ovviamente, ma solo elementi per una riflessione: il Sudan è un paese islamico inserito in una dinamica regionale importante per chi si propone una maggiore penetrazione nel continente africano che è un continente che cresce, ci passano enormi quantità di denaro, e nel quale vivono oltre un miliardo di persone. Da questo punto di vista Khartoum un paese chiave, dal quale non si può prescindere per influenzare la regione. Ruolo al quale Khartoum non si sottrae. Ci sono miliziani sudanesi in Centrafrica, sicuramente ci sono uomini dell’inteligence che lavorano sul conflitto in Sud Sudan. Khartoum poi è molto influente in Somalia e in Eritrea.
Insomma finanziare il Sudan significa aprirsi una porta in Africa, e in un Africa che conta. L’attivissimo Qatar non perde un’occasione anche se si tratta di finanziare arte e cultura.
Raffaele Masto