Washington di’ sì: pro e contro del D.C. come 51° Stato
Mercoledì 6 gennaio, dopo un comizio del presidente Trump a Washington, centinaia di sostenitori del presidente uscente hanno assaltato e vandalizzato Capitol Hill. Con la sindaca Muriel Bowser impossibilitata a richiedere l’intervento della Guardia nazionale, il dibattito sullo status di Washington, D.C. è tornato alla ribalta.
Disclaimer: per praticità, a meno che non sia diversamente specificato, nell’articolo la Washington menzionata è Washington, D.C. e non lo Stato di Washington
La reazione della sindaca Muriel Bowser
Senza mezze misure, Muriel Bowser ha puntato il dito contro il presidente Trump per le azioni dei suoi supporters. Secondo la sindaca, quello avvenuto a Washington è un tipico caso di terrorismo. Ha inoltre chiesto al Congresso di conferire al Distretto lo status di Stato per poter avere l’autorità necessaria a implementare maggiori misure di sicurezza. Nella conferenza stampa del 7, la sindaca ha dichiarato:
“L’attuale presidente deve essere ritenuto responsabile di questo attacco senza precedenti alla nostra democrazia. Quello che è successo ieri è quello che voleva che accadesse, e non dobbiamo sottovalutare il danno che può fare alla nostra nazione e alla nostra democrazia nelle prossime due settimane”
Due corpi di Polizia distinti per una sola città
Un altro aspetto su cui si sono concentrate le critiche della sindaca riguarda la Capitol Police Force. Secondo Bowser infatti, la Polizia del Campidoglio è responsabile di quanto accaduto il 6 gennaio in quanto ha fallito nella sua missione di proteggere il Congresso.
Perché la sindaca attacca la sua stessa Polizia? Perché la questione è più complicata di come sembri. A Washington ci sono due forze di Polizia: la Capitol Police e il Dipartimento della Polizia metropolitana del D.C..
La prima è un’agenzia federale con il compito di proteggere il Congresso all’interno del Distretto e in qualunque territorio degli Stati Uniti. A complicare le cose, c’è il fatto che in un’area di circa 200 isolati, questa forza di Polizia ha giurisdizione concorrente con altre forze dell’ordine: la U.S. Park Police e la Polizia Metropolitana.
Quest’ultima è la principale forza dell’ordine del District of Columbia ed è sotto il controllo del sindaco di Washington.
Tutto questo intreccio di competenze, porta a chiedersi “Ma non sarebbe più semplice se Washington D.C. fosse uno Stato?”. Vediamo come siamo arrivati a questo punto.
Com’è nata Washington D.C.?
Dopo aver ottenuto l’indipendenza, per gli Stati Uniti sorse il problema di individuare la propria capitale. Nella seconda sessione del primo Congresso statunitense, venne varato il Residence Act per sopperire a questo mancanza. Questo statuto provvisorio fu trasformato in legge con la firma del presidente Washington, il 16 luglio 1790.
Secondo questa legge, il Governo doveva istituire una capitale e una sede permanente per il Governo, nei pressi del fiume Potomac. La fine massima per i lavori fu stabilita per il dicembre 1800 e Philadelphia fu scelta come capitale temporanea.
La location fu scelta sulla base di un compromesso tra Alexander Hamilton, James Madison e Thomas Jefferson. La situazione di partenza era questa:
- Madison (allora Deputato per la Virginia) e Jefferson premevano per la scelta di un luogo nel meridione del Paese ma non avevano i voti necessari al Congresso
- il Segretario al Tesoro, Alexander Hamilton, voleva che lo Stato federale si accollasse i debiti di guerra e questo gli permetteva di
- gli Stati del sud non gradivano questa prospettiva perché avrebbero dovuto prendersi carico di una parte dei debiti del nord e perché molti di loro avevano già ripagato buona parte dei propri
Il compromesso fu trovato, dando qualcosa a ciascuno:
- gli Stati del sud ebbero la capitale nella loro “zona” in cambio dell’accettazione dell’assunzione del debito da parte dello Stato federale
- Hamilton ottenne che lo Stato federale si accollasse i debiti di guerra degli Stati
Ma rimanevano dei voti mancanti. Cosa fare? Assegnare alla Pennsylvania la capitale temporanea ed assicurarsi i voti dei delegati di quello Stato.
Taxation Without Representation
Uno dei motti dei sostenitori della campagna per far diventare Washington uno Stato è “No taxation without representation”. Ovvero, niente tassazione senza rappresentanza. Ma cosa significa? Il problema è da ricercarsi nel ruolo di Washington al Congresso.
Non essendo uno Stato ma un Distretto federale speciale, Washington non ha diritto di voto al Congresso. Alla Camera il Distretto è rappresentato da un delegato che può portare proposte di legge e ha diritto di parola ma non può votare. Al Senato invece niente, neanche un delegato senza poteri.
Il problema nasce dal fatto che questa situazione pone Washington allo stesso livello dei territori americani come Guam e Puerto Rico. Ma questi territori non pagano tasse federali mentre Washington sì. Addirittura, l’esborso medio per le tasse federali per capita dei cittadini del D.C. è più alto di quello degli abitanti degli Stati.
Da qui la protesta contro la tassazione senza rappresentanza.
Washington 51° Stato: le argomentazioni a favore
I sostenitori della necessità dello status di Stato (con in prima fila la sindaca Muriel Bowser), sostengono in primo luogo che Washington ha più abitanti sia del Vermont che del Wyoming ed è in linea con altri come l’Alaska.
Come detto, i cittadini del D.C. pagano le tasse federali per capita più alte di tutto il Paese e i suoi cittadini hanno esborsi a quelli superiori a quelli di 22 Stati.
Un altro tema caldo è quello del non avere una voce al Congresso. Al Senato il non avere neanche un delegato significa non poter partecipare alla scelta dei vertici delle agenzie federali, nei tribunali federali o nella Corte suprema. Questo nonostante Washington riceva un budget federale in percentuale equivalente a quello di altri cinque Stati.
Alla Camera, dove il Distretto è rappresentato da Eleanor Holmes Norton, D.C. può scrivere proposte di legge ma non può votarle. Un’oggettiva contraddizione.
Washington 51° Stato: le argomentazioni contro
La principale opposizione alla trasformazione di Washington in Stato è legata alla volontà di avere una capitale su suolo neutrale. Quando la capitale fu creata, si scelse di costruirla al di fuori di uno Stato. Come fare? Si acquistarono terre dalla Virginia (poi restituite alla Stato) e dal Maryland e si costituì l’attuale Distretto.
Questa scelta deriva dalla paura che l’eventuale Stato “contenente” la capitale avrebbe avuto troppo potere e un’eccessiva influenza. Inoltre, il governo federale avrebbe dovuto fare affidamento su un singolo Stato per la sicurezza e l’amministrazione ordinaria delle funzioni collegate alla capitale.
Per ovviare a questo punto, i sostenitori dello status di Stato, propongono di ricavare un’enclave all’interno del nuovo Stato. All’interno di essa sarebbero ricompresi la Casa bianca, il Congresso e il Palazzo della Corte suprema. Così facendo, essi manterrebbero la loro neutralità dagli Stati.
Le proposte alternative
A fianco ai fronti del sì e del no, ci sono anche quelli che propongono soluzioni alternative alla trasformazione in Stato di Washington. Queste proposte ruotano quasi sempre intorno a due ipotesi:
- riforme che portino Washington ad essere trattato sempre più come uno Stato ma senza diventarlo
- restituire i territori del D.C. al Maryland
Al riguardo di questa seconda ipotesi, nel 2004 ci fu una proposta di legge che prevedeva di considerare gli abitati del D.C. come abitanti del Maryland, ai fini della rappresentanza in Congresso. Tuttavia, questa proposta non riuscì mai a superare la Commissione apposita e non ebbe seguito.
Le remore repubblicane
La maggior parte degli oppositori alla trasformazione in Stato di Washington fa parte del Partito Repubblicano. Questo perché i Democratici tendono a vincere a mani basse in città e un’eventuale trasformazione in Stato, rischierebbe di dar loro un seggio in più alla Camera e due al Senato.