La crisi diplomatica, relativa alle vicende della Repubblica di Ucraina e all’annessione della Crimea, nonostante la riapertura del dialogo sull’asse Washington-Bruxelles-Mosca non sembra vicina alla conclusione: nelle ultime ore, al contrario, si stanno consolidando le divergenze tra le parti in causa.
Dopo che Andres Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO, ha parzialmente smentito le affermazioni del governo ucraino – lunedì era stata diffusa la notizia che le truppe russe al confine con il territorio di Kiev si stavano gradualmente ritirando – non potendo confermare il ripiegamento dell’esercito di Mosca, i vertici dell’Alleanza Atlantica hanno comunicato che “dopo la sospensione degli aspetti pratici della collaborazione con la Russia, si procederà a un ulteriore approfondimento della revisione”, annunciando una profonda spaccatura nei rapporti di collaborazione strategico-militare con la Russia stessa.
“Molto dipenderà dall’evolversi della situazione (in Crimea, ndr) – ha precisato Rasmussen – ma non verrà tollerata nessuna minaccia di aggressione a paesi membri della NATO”: sembra che il segretario del patto atlantico voglia tranquillizzare in primis le Repubbliche Baltiche, visto che l’Ucraina di fatto non fa parte dell’organizzazione politico-militare.
Tuttavia “Mosca ha palesato la volontà di voler modificare le frontiere attraverso l’uso della forza” quindi “la NATO fornirà all’Ucraina i mezzi per aumentare la propria capacità difensiva”, questa Estate, come ha detto l’attuale Presidente della Repubblica ad interim Turchynov, le forze della NATO condurranno delle esercitazioni in concerto con l’esercito ucraino.
Kiev sempre più nell’orbita occidentale e lontana dalla Russia quindi, anche se non mancano i segnali di distensione verso Mosca: oggi la Rada ha approvato un provvedimento contro il gruppo militare, “braccio” delle rivolte di Piazza Maidan, “settore destro” contro il quale già da tempo le autorità centrali aveva deciso di condurre una dura repressione.
Da Mosca, stamane, era arrivata una doccia fredda per l’Ucraina: Gazprom ha annunciato la “fine degli sconti” sulle forniture di metano all’Ucraina.
Il prezzo di 1.000 m3 di metano balza da 268,5 dollari a 385,5 dollari.
“Lo sconto di Dicembre non può più essere applicato (rifiutando di aderire all’UE, Yanukovich, aveva ottenuto un sostanzioso ribasso, ndr)”, ha detto il numero uno del colosso russo del gas, Aleksey Miller, a causa dei mancati pagamenti da parte ucraina (debito di 1 miliardo e 900 milioni di dollari).
Una decisione attesa, ma che apre un nuovo fronte di emergenza per le disastrate casse dello Stato ucraino: che ha deciso di aumentare del 10% le tasse sul transito di gas sul proprio territorio come previsto nel contratto sottoscritto con Gazprom nel 2009, mentre la sicurezza energetica – l’Ucraina dipende dalla Russia per più di metà del proprio fabbisogno energetico – dovrebbe derivargli dalla deviazione di due miliardi di m3 di gas dall’Ungheria.
Il problema energetico colpirà anche la Crimea che dipende dall’Ucraina per l’85% delle forniture di elettricità e per il 90% di quelle di acqua potabile: Mosca sta pensando di costruire un gasdotto sottomarino da Anapa, sulla costa russa del Mar Nero. Il costo, ha detto il ministro russo Novak, verrebbe coperto da Gazprom, che parteciperà anche all’asta per la privatizzazione della compagnia energetica di Crimea, Chernomorneftegaz.
Guglielmo Sano