Poche balle sul Senato, cari Grillo e Scanzi
I più grandi rivoluzionari del nostro tempo, l’homo novus che avrebbe mandato“tutti a casa” e il giornalista “cool” finalmente indipendente e obbiettivo, lanciano un grido d’allarme contro la riforma della seconda parte della Costituzione. Quel superamento del bicameralismo perfetto, quel nuovo Senato composto da rappresentanti non direttamente eletti dai cittadini fa paura, ed è quindi meglio lo status quo.
Scanzi e Grillo, abituati ad un Paese che per anni ha creduto a Berlusconi e Sallusti, non temono di cadere nel ridicolo continuando a ripetere le assurdità che dicono. Perché, probabilmente, qualche italiano crederà alla “svolta autoritaria”, non sapendo che, nelle tre più grandi democrazie europee, la “Camera Alta” del parlamento non è direttamente eletta dal popolo.
Francia. Il Sénat, secondo l’articolo 24, quarto comma della Costituzione Francese, si compone di non più di 348 membri eletti indirettamente secondo l’apposita disciplina cui rimanda il successivo articolo 25. I francesi convivono con questo sistema dal 1958 senza accusare l’autoritarismo di un sistema dove, peraltro, i poteri sono ancora più accentrati nel presidente che, dopo la riforma del 2002, non corre il rischio di coabitare con una maggioranza parlamentare a lui ostile.
Germania. Nemmeno i tedeschi hanno mai votato per il loro Bundesrat i cui membri, come stabilisce l’articolo 51 della Costituzionedel 1949, sono nominati e revocati dai governi dei Länder. Non vogliamo sapere cosa pensano Scanzi e Grillo del fatto che i membri del Bundesrat, oltre ad essere nominati, non possono votare personalmente, valendo infatti il voto unitario di ciascun Land, per cui i rappresentanti di ogni stato non possono esprimersi diversamente dall’indicazione data dal governo dello stato che rappresentano (in pratica il voto pro quota dell’assemblea dei soci di qualsiasi SpA).
Regno Unito. Anche la Camera Alta di Westminster non è elettiva; si compone, infatti, di Lords Temporal e Lords Spiritual che vi accedono in virtù del proprio titolo o dei propri uffici religiosi. Prima che intervenisse il “House of Lord Act, 1999”, il diritto veniva trasmesso anche per via ereditaria.
In questi tre Paesi, come anche in Spagna e in Polonia (dove, rispettivamente, Senado –art. 69 Cost.– e Senat –art. 97 Cost.– sono, invece, eletti a suffragio universale) e ovunque altrove (salvo quando, come in Grecia e in Portogallo, il parlamento si compone di una sola camera), la seconda camera ha, sempre, una funzione legislativa distinta e marginale.
Questa riforma, criticabile, piuttosto, per l’eccessiva timidezza, resta dunque urgente e attuale. Essa non è un attacco autoritario alla Costituzione più bella del mondo, non è un tradimento. La necessità di riformare l’architettura della Repubblica è, poi, confermata dal fatto che il Parlamento ci sta provando, senza successo, da oltre trent’anni: la prima Commissione Parlamentare per le Riforme Costituzionali si insediò nel 1983 (“Commissione Bozzi”) cui seguirono, negli anni Novanta la “Bicamerale De Mita-Iotti” (XI Legislatura) e la “Bicamerale D’Alema” (XIII Legislatura).
Grillo e Scanzi sembrano turbati dal fatto che qualcun altro è stato più capace di loro a scuotere il sistema. E così, pur di non ammetterlo, hanno deciso di ergersi a strenui difensori di ciò che parevano voler rivoltare come un calzino.
Andrea Enrici