Incontro Berlusconi Napolitano. Un salvacondotto per gli eventuali arresti domiciliari o i servizi sociali in cambio dell’appoggio di Forza Italia sulle riforme. Questa, in sostanza, la proposta bocciata ieri dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e presentata da Silvio Berlusconi.
Il 10 Aprile, data in cui i giudici del Tribunale di Sorveglianza si pronunceranno sulla pena accessoria e sulla richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali, presentata dai legali dell’ex Premier all’indomani della condanna a quattro anni di reclusione (tre dei quali coperti da indulto) per frode fiscale nel processo Mediaset, si avvicina. La preoccupazione di perdere l’agibilità politica, soprattutto in vista delle europee del prossimo 25 Maggio, ha condotto Berlusconi al gesto estremo: chiedere un incontro a Napolitano per tentare il tutto per tutto.
Già da tempo gli attacchi dei falchi e delle colombe di Forza Italia al Capo dello Stato si sono fatti sempre più sporadici. Un ammorbidimento delle posizioni per placare gli animi e giocarsi la carta dell’appoggio alle riforme costituzionali a cui tanto tiene il Presidente della Repubblica, al punto da legarvi in parte anche il destino del suo mandato, sin dal varo del governo Letta e dalla sua rielezione per un altro settennato.
Una trattativa finita nel peggiore dei modi per l’ex Cavaliere, ricevuto ieri alle 18 al Quirinale per una cena informale, richiesta non più di 24 ore prima dallo stesso leader di Forza Italia. Gelo da parte del Colle, che non sembra voler cedere a nessuna ingerenza nelle vicende processuali di Berlusconi.
Il leader di Forza Italia sa che il suo appoggio, in termini di numeri tanto alla Camera quanto soprattutto al Senato, è indispensabile per il progetto di riforma costituzionale concordato con il governo Renzi (riforma del Titolo V, Senato e legge elettorale). D’altronde Berlusconi non ha mai nascosto le sue preferenze per l’abolizione del bicameralismo perfetto, pur non avendo mai formalmente presentato nessun disegno di legge durante i governi da lui presieduti in veste di Primo Ministro.
Il tempo è poco e tutti i tentativi per evitare la pena devono essere fatti. Si fa strada anche l’ipotesi di una richiesta di grazia da parte della famiglia dell’ex premier ma, al momento, gli eredi Berlusconi sembrano essere più interessati a risolvere le beghe interne, con posizioni contrapposte sull’eventuale discesa in campo per le europee della terzogenita Barbara, dopo il no di Marina e Pier Silvio Berlusconi. Intanto il Cavaliere ha mandato in avanscoperta il fido Denis Verdini che oggi è stato ricevuto da Matteo Renzi per sapere le sue intenzioni.
La partita è delicata e l’ex Premier non vuole perdere lo status di padre della patria qualora il pacchetto delle riforme costituzionali andasse in porto. “Senza di me rischia di saltare tutto – avverte Berlusconi- sono l’unico che può garantire per Forza Italia” paventando la possibile scissione del partito e la rottura da parte dei peones di Fi del patto con Renzi. Ancora una volta il destino del governo e delle riforme è legato a quello personale dell’ex Cavaliere di Arcore. Su tutto l’ombra dei patti europei a cui Renzi, durante il tour dei giorni scorsi con la Merkel, Hollande e Cameron, ha vincolato l’azione del suo governo e il futuro dell’Italia.
Fronda nel Pd – Intanto in casa Pd Vannino Chiti mette assieme 22 senatori dem e sfida il presidente del Consiglio sul campo delle riforme, presentando a Palazzo Madama un ddl costituzionale di riforma del Senato che lo mantiene come Camera elettiva. Perché Renzi non è “il verbo” – dicono a una voce – e questi non sono “gli infedeli”. Per ora le firme sono 22, tutte di senatori eletti con il Partito democratico. Oltre a quella di Chiti, primo firmatario, ci sono Albano, Amati, Buemi, Broglia, Capacchione, Casson, Corsini, Cucca, D’adda, Dirindin, Gatti, Giacobbe, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Silvestro, Spilabotte, Tocci, Turano. Ma le intenzioni dei frondisti dem vengono subito stoppate dal ministro per i rapporto con il Parlamento Maria Elena Boschi “Nessuna apertura perché è uno degli elementi che è stato discusso nell’accordo con le varie forze politiche”.