Simboli per le europee: un bestiario aggiornato
Le elezioni politiche, inutile negarlo, hanno meno appeal anche sul piano simbolico. La fantasia, il genio e la scaltrezza che precede di norma il rinnovo del Parlamento nazionale sembrano assopite, addirittura dimezzate prima delle elezioni europee. Qualcuno, però, alle sue manovre difensive o alla sua espressione politico-simbolica non ha alcuna intenzione di rinunciare. Della quarantina di emblemi depositati fino alle 16 e 30, una decina spicca per originalità. Le ragioni sono le più diverse, ma meritano, se non il voto, almeno qualche minuto di attenzione.
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Il top dei top: questa classifica in ordine sparso non può che partire da qui. E non certo perché “l’eroe dei due mondi” Marco Di Nunzio abbia messo insieme due delle sue creature politiche in cui crede di più (Forza Juve e Movimento Bunga Bunga). E non tanto (o non solo) perché stavolta il Nostro abbia rinunciato dal principio all’antica silhouette femminile del simbolo, mantenendo l’idea del calcio, stavolta all’Euro (a quanto pare va di moda). La vera notizia è che Di Nunzio ha agganciato l’Usei (Unione sudamericana emigrati italiani) e, grazie alla sua eletta alla Camera, non dovrebbe avere bisogno di raccogliere firme. Per la prima volta, dunque, la lista Bunga Bunga correrà a livello nazionale: il risultato sarà da non perdere.
Paganini non ripete, e la Lega?: Difficile, davvero molto difficile capire perché, dopo avere depositato per primo il simbolo della Lega Nord mostrato nei giorni scorsi, con in basso la scritta “Basta €uro”, un elemento della coppia leghista Calderoli-Caparini abbia voluto presentare subito dopo anche questo contrassegno, con soltanto quella scritta gialla su fondo blu, facendo fare la fila per due giorni e facendola anche personalmente di notte. Volendo scherzare, si potrebbe dire che si voleva giocare uno scherzetto a Renzo Rabellino e al suo movimento No Euro (che non è in discussione), ma la doppia scritta su due simboli vicini e diversi sembra francamente un ottimo viatico per farsi bocciare il secondo contrassegno.
Chiamiamolo o Chiamparino?: Il gruppo di Rabellino, in ogni caso, non si è accontentato di depositare i suoi consolidati No Euro (con la dicitura Lista del Grillo parlante) e Lega Padana; ha ospitato nel suo turno la presentazione dei Pensionati e invalidi di Luigina Staunovo Polacco, ma soprattutto ha sfoderato un emblema nuovo, apparentemente innocente, che però potrebbe tornare utile in un futuro più o meno immediato. Alle elezioni regionali in Piemonte, per esempio, specialmente se il centrosinistra schiererà la candidatura di Sergio Chiamparino. A quel punto, in molti potrebbero scoprire che, tra “Chiamiamolo” e “Chiamparino” non c’è gran differenza.
Scudo maltrattato: fino alla metà del pomeriggio nella bacheca gli scudi crociati erano tre, ed era il minimo che ci si potesse aspettare. Nessuna sorpresa in sé, dunque, ma un po’ ci ha colti di sorpresa vedere che l’ultimo in ordine di tempo, per ora, è quello dei Cristiani democratici uniti: il Cdu che fu di Buttiglione e che ora è rappresentato da Mario Tassone, che ha voluto riattivarlo per tentare di perseguire il sogno di unificazione che sarebbe fallito con l’Udc. Stupisce perché proprio a Termometro Tassone aveva detto di non voler fare più battaglie per lo scudo crociato (anche se, in effetti, non significa una rinuncia totale all’uso). E, da ultimo, stupisce perché l’elaborazione grafica, più che riprodurre lo scudo, sembra maltrattarlo a fondo.
C’era anche quest’anno ed era ovviamente tra i primi, pronto a fare valere anche stavolta la filosofia della sua lista civica nazionale “Io non voto”. Che non è affatto una contraddizione tra due espressioni, come verrebbe facile a guardare il testo contenuto sul ilhso. La novità è che pare dell’anno prossimo Carlo Gustavo Giuliana abbia più tempo da dedicare alla sua lista e finalmente abbia il tempo di presentarla: a quel punto chi vorrà votare “Io non voto” avrà la possibilità di farlo e potrebbero non essere nemmeno pochi (tra gli astenuti e i votanti di protesta).
Pedalare per ricominciare: anche il gruppo legato a Ugo Sarao, che da anni ormai presenta il proprio simbolo Pensioni & Lavoro, merita un premio consistente per la trovata grafica del tutto imperdibile. Le alleanze di due partiti e due simboli si chiamano “Biciclette”? Il gruppo di Sarao ne piazza una realistica sul simbolo, avendo come sfondo l’Europa in 3D. In un tondo c’è il logo di Pensioni & Lavoro, nell’altro si rispolvera il logo di un’altra associazione sudamericana (Associazione degli italiani in Sudamerica). Dalla canna della bici penzola un cartello giallo con una scritta nera quasi commovente, “… e si riparte”. Ai candidati si dirà la proverbiale frase “Hai voluto la bicicletta? Ora pedala”?
A volte si risvegliano (per precauzione): in questo preimo giorno in bacheca sono già spuntati ben due simboli di partiti “dormienti”, che non svolgono attività politica da tempo, ma giuridicamente sono ancora in piedi (e quasi nessuno lo sa o lo sospetta). I rappresentanti di quei gruppi li depositano non certo per partecipare alle elezioni, ma per precauzione, evitando copie maldestre. I primi della serie sono stati i Popolari, che hanno rispolverato il loro depositante storico, Luciano Gesuelli: al segretario Pierluigi Castagnetti non dev’essere piaciuta la nuova formazione di Mario Mauro, Popolari per l’Italia, la cui sigla è Ppi. In bacheca c’è anche il simbolo dei Democratici di sinistra, depositato dalla collaboratrice di Ugo Sposetti, tesoriere del Ds in via di scioglimento.
La tecnologia per cambiare la politica e il mondo: qui il MoVimento 5 Stelle non c’entra, casomai si parla del Partito internettiano, che dall’inizio degli anni ’90 si fregia con la W del web e con la chiocciola. Secondo il suo segretario nazionale, Francesco Miglino (il gruppo fa base nazionale a Milano), la Rete il cittadino può “rinnovare la dinamica sociale con la partecipazione, in tempi reali, alla gestione di spazi politici e di interessi socialmente condivisi”. Miglino ingaggia una fine battaglia con quei partiti il cui simbolo non comunica nulla, se non l’appartenenza nazionale: quelle, per lui, non sono insegne che parlano di un progetto e si dovrebbe guardare altrove.