L’Italia era sempre stata in testa alle classifiche sulla propensione al risparmio , davanti anche a Francia o Germania, sicuramente davanti a USA e UK, almeno fino alla crisi economica. Poi le cose sono cambiate. Per la prima volta la Germania ci aveva superato.
Non che di per sè alti livelli di risparmio siano positivi, se spiazzano l’investimento, portano a una sorta di tesaurizzazione e alla fine sbocciano in “investimenti” poco produttivi come l’amatissimo (in Italia) mattone, ma si può affermare che è sempre stato visto come un elemento di solidità.
Come si vede dal grafico seguente da quote che sfioravano il 15% del reddito si è arrivati man mano al 7,7% nel 2012, soprattutto per il calo dei redditi. Da allora c’è stata una ripresa che ha portato il tasso a sopra il 10%, un valore di tutto rispetto:
Nel grafico però era sottolineato anche il tasso degli investimenti fissi lordi delle famiglie, che non riparte, anzi, rimane in calo. Questo è uno dei dati che più colpisce degli ultimi anni: all’interno del calo dei consumi i più copiti sono i beni d’investimento, proprio per quell’incertezza che fa dilazionare spese più rilevanti e fa aumentare anche ai redditi bassi la quota risparmiata e non spesa.
Non possono essere indifferenti a questo trend anche i nuovi contratti di lavoro precari che stanno rimpiazzando, in assenza di riforme adeguate, il contratto a tempo indeterminato.
Di seguito vediamo la variazione del potere d’acquisto:
Si noti come la seconda crisi del sia stata della prima, del 2009, con cali anche del 5,5% tendenziale, essendoci stata nel 2009 soprattutto una gelata nelle esportazioni e negli investimenti, mentre nel 2012 è stata la disoccupazione a farsi sentire, e soprattutto la manovra di aggiustamento dei conti necessaia per evitare il default. Questo ci dice come mai il disagio sociale sia statao più accentuato, nonostante i numeri del calo del PIL siano stati relativamente più clementi.
Nell’ultimo trimestre 2013 vi è finalmente un aumento del potere d’acquisto, ma come abbiamo visto ci vorrà molto tempo perchè l’incertezza sia sconfitta e possano ripendere consumi importanti.
Se spostiamo lo sguardo alle imprese vediamo nella seguente infografica come si muove il valore aggiunto, che rispecchia molto l’andamento del PIl che conosciamo bene:
Nell’ultimo trimestre vi è finalmente l’emersione dalla recessione, ma rimane il problema degli investimenti, come vediamo di seguito:
Che la quota di profitto sia andata man mano calando e anzi si è ultimamente stabilizzata è un segno sia di declino della produttività in Italia ma anche della perdita di posizioni monopolistiche in cui a lungo molte aziende si sono crogiolate protette sia all’interno che all’esterno dalla concorrenza.
Quello che invece ha bisogno di riprendersi al più presto è la quota di investimenti, che rimane sotto il 20%, un 4% in meno del valore di un 10 anni fa, e calcoliamo che è una percentuale su un denominatore che è calato.
E’ anche alla luce di questi dati, di queste esigenze di aumento degli investimenti di famiglie e imprese ,che non paiono come centrate e pertinenti, se non da un punto di vista elettorale, le direzioni della riforma fiscale del governo Renzi con uno sgravio solo ai fortunati con un lavoro e mirate solo al consumo.