Democrazia e libertà di espressione

democrazia e libertà di espressione

Articolo scritto in collaborazione con Valentina Pastorello

Negli ultimi secoli, con la diffusione degli ideali dell’Illuminismo, il benessere dell’individuo è diventato un concetto sempre più importante nel mondo occidentale. Questa tendenza si riflette nell’applicazione del concetto di welfare state e nella tutela legale di un certo numero di diritti inalienabili. Molte legislazioni nazionali e sovranazionali oggi riconoscono la libertà di parola e di espressione come uno di questi diritti. Ad esempio, l’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948) recita:

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

[ad]Tuttavia, fino a che punto questa libertà debba essere tutelata dalla legge è ancora oggetto di dibattito. C’è infatti chi vorrebbe imporre alcune limitazioni che facciano prevalere altri valori, quali ad esempio il rispetto della verità, dell’onore, dell’ordine pubblico e della moralità.
Uno dei temi su cui il dibattito è particolarmente acceso è quello del revisionismo storico (negazionismo). Tuttavia, il pluralismo di espressione è una componente fondamentale di ogni democrazia sana, e sebbene in alcuni casi un certo numero di limitazioni sia necessario per negoziare tra i diritti delle parti coinvolte, tale necessità deve sempre essere supportata da motivazioni ragionevoli, come stabilito dalla Corte Europea dei Diritti Umani.1

In primo luogo, l’importanza fondamentale della libertà di parola ed espressione risiede nel fatto che promuove la crescita culturale e di conseguenza il progresso, dal momento che l’esercizio di tale diritto riguarda la diffusione della produzione artistica in tutte le sue forme e la possibilità di scambiare punti di vista e informazioni in tutti i campi del sapere. Per esempio, la diffusione della conoscenza storica è necessaria per evitare gi errori del passato e trovare nuove soluzioni per costruire un presente e un futuro migliori.

L’effetto positivo della libertà di espressione in una democrazia è particolarmente evidente se si considerano i diritti che discendono direttamente da tale libertà, ovvero la libertà di stampa e la libertà di informazione,2, che dovrebbero essere analogamente protetti dalla legge dato che l’espressione di un pensiero è inscindibile dalla sua condivisione. Servendosi del diritto di diffusione dell’informazione, i media sono diventati una componente essenziale di qualsiasi sistema democratico, poiché agiscono come organo di controllo verso i tre poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario), nel tentativo di raggiungere una maggiore trasparenza che consenta al corpo elettorale di giudicare i politici nel modo più equo. In altre parole, informando i cittadini i media fanno in modo che questi possano esercitare il loro diritto di voto in maniera consapevole.
Negli ultimi due decenni Internet si è rapidamente diffuso in tutto il mondo, segnando un balzo in avanti senza precedenti nel processo di condivisione delle informazioni, che è diventato sempre più semplice, rapido ed efficace. La libertà di espressione ha tratto benefici enormi dalla diffusione di Internet. La rete si differenzia dai mezzi di comunicazione tradizionali come la stampa, la radio e la televisione poiché è condivisa, e pertanto difficile da possedere o da controllare (sebbene non impossibile, come dimostrato dal Golden Shield Project, attraverso il quale in Cina viene attuata la censura su Internet). Inoltre, con i media tradizionali la trasmissione delle informazioni avviene in maniera unidirezionale, mentre la rete consente ai suoi utenti di connettersi tra loro, condividere risorse e contenuti e addirittura introdurre nuovi servizi e tecnologie. Così facendo, gli utenti di Internet contribuiscono ulteriormente al suo sviluppo, rafforzando il principio del pluralismo dell’informazione.

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[ad]È evidente che ci sia un rapporto molto stretto e spesso conflittuale tra potere politico e mezzi di informazione. In effetti, se da un lato i media hanno la capacità di esercitare un ruolo di supervisione sui tre poteri dello Stato, dall’altro coloro che detengono tali poteri hanno la possibilità di imporre limiti legali alla libertà di informazione. Un esempio recente è costituito dalla proposta di legge sulle intercettazioni in Italia, che nel 2010 ha ricevuto forti critiche dalle Nazioni Unite. Secondo l’opposizione, questa legge, oltre a favorire attività illegali, aveva il reale intento di proteggere gli interessi del Primo Ministro di allora, Silvio Berlusconi, coinvolto in un certo numero di inchieste. Il governo italiano sosteneva invece che lo scopo della legge era quello di proteggere la privacy dei cittadini. In effetti, gli argomenti usati per giustificare misure restrittive come questa riguardano di solito la necessità di prevenire i danni causati dall’abuso della libertà di espressione. Come evidenziato da Mill nel suo saggio del 1859 On Liberty3, alcune limitazioni possono essere imposte per “prevenire danni a terzi”, ed in effetti la diffamazione e l’istigazione all’odio ricadono in questa categoria; quest’ultima in particolar modo, poiché non solo provoca stress psicologico ed emotivo in chi ne è colpito, ma incoraggia anche alla violenza fisica verso tali soggetti.4
Un altro concetto che viene chiamato in causa per sostenere le limitazioni alla libertà di espressione è la moralità: le opinioni immorali o le rappresentazioni del vizio nell’arte possono essere oggetto dell’intervento della censura, che agisce così con scopo educativo. Tuttavia, come evidenziato da Ainis5, la censura non raggiunge tale scopo in quanto è solamente in grado di inibire la rappresentazione dei vizi, e non i vizi stessi.
Una delle questioni più controverse che riguardano il tema della libertà di espressione è il negazionismo. Sebbene la negazione dell’Olocausto sia sanzionata in molte legislazioni dell’Unione Europea, i movimenti antisemiti e i partiti politici ispirati a ideologie simili sono spesso ancora presenti in questi Stati. L’antisemitismo è un fenomeno culturale con radici storiche molto profonde, per cui l’utilità di imporre un mero divieto formale è altamente discutibile6. Ridurre al silenzio i negazionisti può persino avere l’effetto indesiderato di avvantaggiarli, facendoli apparire come martiri o eroi perseguitati7. Inoltre, la ricerca della verità è una responsabilità dell’individuo che non dovrebbe mai essere delegata allo Stato. Proibire il negazionismo significa imporre una verità storica per forza di legge, e quindi non avere fiducia nella capacità della verità di difendersi da sola5. Ma soprattutto, simili provvedimenti possono portare ad una deriva proibizionista, ovvero alla censura di qualsiasi opinione venga considerata socialmente inaccettabile in un dato momento storico6.

In generale, più che gli abusi della libertà di espressione è proprio l’imposizione di vincoli legali a tale libertà che costituisce una minaccia per la democrazia, poiché spesso nasconde la volontà della politica di reprimere il dissenso e occultare di fronte all’opinione pubblica attività di stampo illegale. Le autorità politiche possono mettere a repentaglio l’attività di monitoraggio dei media attraverso la repressione o il controllo.
La prima è usata principalmente da governi autoritari o dalla criminalità organizzata, utilizza strumenti che vanno dalle minacce all’imposizione di sanzioni o l’intervento dell’autorità giudiziaria, specialmente nei confronti della satira e del giornalismo d’inchiesta. Molti giornalisti pagano con la vita l’esercizio della libertà di informazione, uno degli esempi più recenti è la giornalista russa Anna Politkovskaya, nota per la sua opposizione a Vladimir Putin, che era il Presidente della Russia al momento della sua morte. Altri sono costretti a vivere nascosti e sotto scorta, come lo scrittore italiano Roberto Saviano, colpevole di aver rotto il muro di omertà sulla Camorra.
In secondo luogo, i politici possono esercitare un controllo diretto e completo su stampa, radio e tv, così da trasformare l’informazione in propaganda governativa, manipolare l’opinione pubblica ed eliminare ogni forma di dissenso. In questo caso il Paese resta solo formalmente una democrazia, ma di fatto non è molto diverso da una dittatura. Quando in un sistema legale non vi sono leggi contro il conflitto di interessi è molto più alta la probabilità che i politici prendano il controllo dei media, o viceversa, che chi possiede i mezzi di informazione acquisti potere politico.

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[ad]In entrambi i casi l’esistenza stessa della democrazia è in serio pericolo, dal momento che soffocare i media significa privare i cittadini della possibilità di ricercare le informazioni, di istruirsi, e, in ultima analisi, di giudicare le azioni dei politici per esercitare con maggiore consapevolezza il proprio diritto di voto. Questo è evidente se si mettono a confronto i principali indici di misurazione del livello di democrazia e di libertà di stampa nel mondo: analizzando le prime venti posizioni del Press Freedom Index del 2010 di Reporters sans Frontières e del Democracy Index dello stesso anno stilato dall’Economist risulta infatti che ben sedici Paesi appaiono in entrambe le classifiche. Dal momento che la libertà di stampa è uno dei criteri presi in considerazione nella determinazione del Democracy Index, tale correlazione sottolinea l’importanza di tale libertà in una democrazia completa.

In conclusione, sarebbe certamente saggio limitare le restrizioni legali alla libertà di espressione. I suoi abusi, reali o presunti, devono essere combattuti soprattutto sostenendo un’istruzione che incoraggi lo sviluppo delle capacità critiche e analitiche, permettendo la libera condivisione delle informazioni e promuovendo lo scambio di differenti punti di vista tramite dibattiti aperti. Per cercare di porre fine alla lotta tra potere politico e libertà di informazione e quindi per proteggere la funzione di controllo della stampa sulla politica, sarebbe auspicabile un miglioramento delle legislazioni sovranazionali in materia.

Bibliografia
1: Rekvényi v. Hungary [1999] 30 E.H.R.R. 519
2: Modugno, F. (1995) I “nuovi diritti” nella Giurisprudenza Costituzionale, Torino: Giappichelli
3: Mill, J.S. (1956) On Liberty, Indianapolis: BobbsMerrill
4: Pino, G. (2007) “Teoria critica della razza e libertà di espressione: alcuni punti problematici”, in Differenza razziale, discriminazione e razzismo nelle società multiculturali, T. Casadei & L. Re (eds.) Vol. I: Società multiculturali e questioni razziali, Reggio Emilia: Diabasis
5: Ainis, M. (2007) “Le libertà negate: a proposito della libertà di espressione”, in La storia imbavagliata, G. Moffa (ed.), Teramo: MEM
6Rodotà, S. (2007, January 26). Libertà di parola, si può mentire sulla storia? La Repubblica, p. 49.Retrieved December 12, 2011, from http://download.repubblica.it/pdf/diario/2007/26012007.pdf http://www.rsf.org/IMG/CLASSEMENT_2011/GB/C_GENERAL_GB.pdf

7: Spinoza, B. (1670) A Theologico-Political Treatise. Retrieved December 12, 2011 fromhttp://ebooks.adelaide.edu.au/s/spinoza/benedict/treatise/index.html