La decisione del premier finlandese Jyrki Katainen di lasciare la guida del Partito di Coalizione Nazionale e insieme quella del governo ha iniettato una dose di incertezza nella politica di Helsinki. Le opposizioni chiedono elezioni anticipate.
Con l’uscita di scena di Katainen, “al governo non resta che dichiarare bancarotta” ha affermato Timo Soini, leader del Partito dei Finlandesi. Paavo Arhinmäki, a capo di quell’Alleanza di Sinistra che fino a pochi giorni fa era ancora parte della maggioranza, ha usato parole meno dure ma il concetto è lo stesso: “Avrebbe senso dare alla gente la possibilità di esprimere il proprio punto di vista”.
Il governo sostiene invece che senza Katainen non cambia nulla, non c’è motivo di andare al voto in anticipo, l’esecutivo arriverà fino al termine naturale del 2015, la maggioranza continuerà a lavorare come ha fatto fino a oggi. Ma buoni propositi a parte, la realtà potrebbe essere molto più complicata.
Più di un analista in Finlandia ha sottolineato negli ultimi giorni un paio di elementi: la decisione di Katainen dà alle opposizioni un nuovo e più potente ‘arsenale’ politico, e la perdita di una personalità come quella del premier avrà una ripercussione quasi certamente negativa sulla vita del governo.
Anche il governo svedese sembra avere le settimane contate. Alle elezioni di settembre sarà quasi certamente congedato dagli elettori. Il premier Fredrik Reinfeldt però non getta la spugna. Di fronte ai membri del suo partito, riunitisi a Göteborg sul finire della scorsa settimana per l’ultimo congresso prima delle elezioni, Reinfeldt ha provato a serrare i ranghi e a convincere tutti che la vittoria è possibile.
Secondo un sondaggio di inizio aprile, però, la maggioranza di centrodestra otterrebbe il 37 per cento dei voti contro il 51,9 dell’opposizione rosso-verde. L’unico numero positivo è quello stesso numero a cui l’attuale governo si aggrappa da qualche mese: un quinto degli svedesi è ancora indeciso.
E così il congresso di Göteborg è diventato l’occasione per analizzare gli errori fatti e rivendicare i successi ottenuti. Sul fronte della disoccupazione, ad esempio, i Moderati hanno speso tanto tempo e tante energie per difendersi dagli attacchi della sinistra piuttosto che concentrarsi sulle soluzioni. Il ministro delle Finanze Anders Borg ha invece sottolineato i risultati degli ultimi anni, a partire dalla stabilità del sistema-Svezia. Una strada che per Borg non c’è motivo di abbandonare. Gli svedesi però sembrano pensarla diversamente.
In Norvegia, intanto, Trygve Slagsvold Vedum è stato scelto per guidare il Partito di Centro: prende il posto di Liv Signe Navarsete, che ha lasciato a inizio anno travolta dai pessimi risultati degli ultimi tempi.
Nato a Hamar trentacinque anni fa, Trygve Slagsvold Vedum è il più giovane di sempre a ricoprire l’incarico. La sua scalata ai vertici del partito non è stata una sorpresa. Ha sorpreso invece vedere che Ola Borten Moe è ancora lì, sempre nel gruppo dirigente. Non era scontato. Settimane di attacchi alla sua persona e un’infinità di membri del partito schierati apertamente contro di lui non lo hanno abbattuto.
Ha lavorato per la sua rielezione, Ola Borten Moe, ha lavorato dietro le quinte e ha vinto: 160 voti per lui e 142 per la sfidante Anne Beathe Tvinnereim, che ha dovuto accontentarsi di una posizione in terza fila. Come ha scritto NRK, la vendetta è servita.