L’economia della Finlandia resta ferma al palo. Nel secondo trimestre dell’anno il Pil ha fatto segnare una crescita congiunturale dello + 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente.
Dopo sei mesi in territorio negativo, Helsinki sta provando a cambiare rotta ma la strada resta lunga e lastricata di incertezza. Il ministro delle Finanze, il socialdemocratico Antti Rinne, ha detto ai suoi colleghi di partito che la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare nei mesi a venire. Secondo gli economisti della Nordea Bank, a fine anno l’economia finlandese farà segnare un -0,5 per cento.
Ai problemi strutturali che affliggono la Finlandia da qualche tempo (il crollo della Nokia, la crisi di settori industriali strategici, una domanda interna che ristagna, la disoccupazione all’8,5 per cento) si è aggiunta la crisi in Ucraina con il raffreddamento dei rapporti tra Unione europea e Russia: un problema cruciale per Helsinki, come il governo di Helsinki ha sottolineato qualche giorno fa. Il premier Alexander Stubb ha affermato che se l’economia russa dovesse contrarsi del 3 per cento, il Pil finlandese lascerebbe per strada mezzo punto.
Tra Mosca e Helsinki il volume di scambi commerciali è sostanzioso: la Russia è il terzo mercato per le esportazioni della Finlandia. Praticamente un’azienda su due subirà le conseguenze delle sanzioni decise dall’Ue e dell’embargo con cui Mosca ha risposto. L’Yle la radiotelevisione di stato finlandese ha raccontato che nei supermercati dell’est del paese la gente sta cercando di fare scorte prima che i prezzi schizzino alle stelle.
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In Norvegia invece il ritorno in classe è stato piuttosto turbolento per gli studenti. Alla riapertura delle scuole secondarie, lunedì scorso, mancavano all’appello 5500 insegnanti in 130 edifici: tutti in sciopero dopo il fallimento delle trattative per il rinnovo dei contratti sindacali.
Stamattina altri 2200 insegnanti si sono aggiunti alla protesta. A Oslo, che ha un proprio regime salariale, i sindacati hanno già raggiunto un punto di equilibrio ed è stato firmato un accordo.
Le trattative nel paese vanno avanti da giugno. Il periodo di vacanza estiva ha anestetizzato almeno in parte lo scontro. Gli insegnanti rivendicano il diritto di pianificare la giornata lavorativa mantenendo la libertà di lavorare anche a casa; dall’altra parte c’è la proposta di tenerli 7,5 ore al giorno a scuola. Ieri sono ripresi i contatti informali tra le parti e il dialogo dovrebbe proseguire anche nei prossimi giorni. Dai sindacati trapela la fiducia che presto si possa giungere a un accordo.
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