Crisi Ucraina, Mosca: “Allenza Atlantica usa crisi per serrare le fila contro una minaccia immaginaria”
Ancora alta la tensione tra Occidente e Russia sull’Ucraina: il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha ribadito che seppure il dialogo sia ancora “possibile”, è necessario che Mosca ritiri le 40mila truppe – ammassate al confine orientale tra la Russia e il territorio di Kiev – con cui sta esercitando pressione sulle autorità e, da parte sua, è presumibile, stia preparando un’invasione.
“L’impegno della NATO alla difesa collettiva è incrollabile – ha detto Rasmussen – stiamo intraprendendo passi legittimi per affrontare l’instabilità creata dagli atti illegittimi della Russia”: da Mosca hanno risposto che la NATO sta usando la crisi per consolidarsi, serrando le fila contro una “minaccia esterna immaginaria”.
Lavrov, non le manda certo a dire a Rasmussen, “sta riproducendo con zelo la retorica della guerra fredda” mentre “sta trasformando la NATO in un club d’elité” che usa un “doppio standard” nel giudicare le sue politiche internazionali e quelle degli altri.
Intanto il Consiglio d’Europa ha sospeso il voto dei delegati della Russia, in relazione alle operazioni intraprese in Crimea, dopo il boicottaggio della riunione di oggi; il capo della delegazione Pushkov ha dichiarato che, l’azione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio è stata “una farsa che può solo suscitare repulsione”.
In Ucraina, nel frattempo, il Presidente Turchynov ha annunciato di essere disponibile a concedere l’amnistia per gli insorti filorussi nelle regioni dell’Est a patto che vengano riconsegnate le armi e vengano lasciati gli edifici governativi occupati in queste ore.
Dopo l’ultimatum lanciato ieri dalla capitale Kiev nei confronti dei manifestanti filorussi “o sgomberate o usiamo la forza”, la situazione a Donetsk e a Lugansk non sembra avvertire cambiamenti: i manifestanti hanno rinforzato le barricate intorno alle sedi istituzionali occupati, le trattative sembrano accusare un pesante stallo.
Anche a Kiev torna la tensione: nella notte è stata data alle fiamme la sede del Partito Comunista da poco disoccupata di rivoltosi di Maidan – a Febbraio era stata bruciata la casa del leader del partito, Petro Simonenko, le cui parole pronunciate ieri in Parlamento hanno scatenato la violenta reazione dei nazionalisti di Svoboda – nel frattempo sale il bilancio dei morti della strage di Kiev di Febbraio, adesso sono 105 dopo l’ultimo decesso in ospedale, mentre una tv tedesca ha dato la notizia che anche cecchini dell’opposizione, non solo le forze dell’ordine, tra il 19 e il 20 Febbraio spararono sulla folla.